La Via Emilia, Pontenure e la prima Evangelizzazione del Piacentino

tratto da “La Torre” n. 11/2004

Il 7 ottobre 2004, presso la Villa Raggio, monsignor Domenico Ponzini, direttore dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi, ha aperto il ciclo di conferenze dedicato all’Evangelizzazione del territorio piacentino, promosso dall’Associazione Pontenure Arte e Cultura, dalla Parrocchia, dal Comune di Pontenure e dalla Diocesi di Piacenza-Bobbio. La stesura del presente testo è stata curata dalla signora Lidia Schiavi.

La Via Emilia, Pontenure e la prima evangelizzazione nel territorio piacentino è il titolo della relazione presentata. Piacenza fu fondata nel 218 a.C, come colonia romana col nome di Placentia, sia per creare sul Po un baluardo di difesa dalle invasioni galliche, sia per organizzare il territorio attorno al grande fiume. L’Impero romano esigeva il collegamento di Roma anche con le terre più lontane. In genere gli spostamenti avvenivano via mare, ma per facilitare i movimenti delle legioni, furono costruite Importanti strade alle quali era spesso attribuito il nome del console, del censore o del pretore che le aveva ideate.

Monsignor Ponzini ha ricordato come, grazie all’abilità dei romani nella costruzione di strade, Piacenza fu interessata da un efficiente sistema viario di collegamento alla pianura Padana oltre il Po, alle vallate appenniniche ed ai porti liguri. Tale sistema consentì scambi commerciali con importanti e lontani centri e facilitò anche l’arrivo e la diffusione del Cristianesimo nel nostro territorio. Il console Marco Emilio Lepido, infatti, nel 187 a.C. fece costruire la Via Emilia (via Aemilia) che, unendo Placentia ad Ariminum (oggi Rimini), si raccordava con la via Flaminia verso Roma. La costruzione della via seguì il principio progettuale che la strada, oltre ad essere sicura, doveva collegare il più rapidamente possibile i grandi centri e pertanto doveva essere caratterizzata da un percorso rettilineo. Tale scelta comportò la costruzione di ponti in corrispondenza di ogni corso d’acqua incontrato. La strada fu terminata con la copertura di enormi lastre di pietra poste l’una vicino all’altra. Il sistema viario di Piacenza e della zona circostante fu reso più efficiente grazie alla costruzione, nel 148 a.C., di un’altra via consolare: la via Postumia che provenendo da Genova e Tortona attraversava Piacenza giungeva a Cremona, quindi Ostilia, Verona, Aquileia fin verso l’Est e il Nord Est europeo.

Il relatore ha inoltre illustrato come lo spazio urbano di Piacenza fosse all’epoca suddiviso in quattro quadrati originati dall’incontro delle due arterie Est/Ovest e Nord/Sud dette rispettivamente decumano e cardine massimi, dal quale poi ripartivano vie minori, e con al centro la chiesa di San Martino in Foro. Ancora oggi la città conserva, entro le mura, la tipica planimetria romana con un reticolato di strade parallele e perpendicolari al Po. Le vie consolari, nate principalmente per il traffico militare, furono utilizzate in seguito anche da funzionari, magistrati esattori, commercianti; quest’ultimi erano greci, orientali, prevalentemente ebrei che portavano e diffondevano la loro cultura, la loro religione, le loro tradizioni e si stabilirono in varie località come Fiorenzuola, Cortemaggiore e Piacenza.

Sulla Via Emilia sorgeva anche il territorio di Pontenure, posto tra due torrenti pertanto zona fertile, ma anche zona che doveva essere pronta a difendersi da straripamenti. Studi recenti dimostrano che nell’epoca romana Pontenure aveva due ponti sul Nure: il primo nato con la Via Emilia, meno stabile, utilizzato prevalentemente dalle legioni, e un secondo ponte costruito in sostituzione del primo utilizzato dai viaggiatori. I resti di questo secondo ponte sono stati rinvenuti in questi ultimi anni.

La Via Emilia come appare nella Tabula Peutingeriana, nel tratto fra Bononia, Bologna, e Placentia, Piacenza.

 

Una immagine degli scavi per la realizzazione dell’Alta Velocità presso la località di Cassino che agli inizi degli anni Duemila hanno portato alla luce resti di costruzioni romane.

Un’immagine dei resti degli antichi piloni del ponte romano ritrovati a pochi metri dall’attuale ponte sul Nure.


Robert De Longe, Predica di Sant’Antonino (1693-1695). Piacenza, Basilica di Sant’Antonino.

La basilica cittadina di Sant’Antonino, patrono di Piacenza. Fu voluta da san Vittore, il primo vescovo della città, intorno al 350 e fu ultimata nel 375; conserva le reliquie di Antonino, martire cristiano ucciso presso Travo, in Val Trebbia.

Il passaggio da e verso la città attraverso il ponte sul torrente Nure era comunque vincolato alle condizioni atmosferiche. Quando le piogge rendevano impossibile oltrepassare il corso d’acqua, l’esigenza di garantire ai viaggiatori un posto sicuro in cui trattenersi, fece maturare la scelta di costruire, nelle zone facilmente soggette ad interruzione del sistema viario, le cosiddette “statio”, letteralmente “stazioni di sosta”. Tali “ricoveri”, sorti dapprima negli insediamenti limitrofi (Cadeo, Fontana Fredda, Fiorenzuola) interessarono anche Pontenure che ne ospitava uno nei pressi dell’attuale Via Ferrari. Anche per tale motivo il nome del paese assunse il significato di “luogo che sorge per favorire il passaggio sul Nure”.

Monsignor Ponzini, affrontando l’argomento relativo alle origini del Cristianesimo nel territorio piacentino, ha descritto come il sistema viario favorì l’arrivo e lo sviluppo della evangelizzazione. Il primo fermento di cristianesimo “Domus ecclesiae” apparve, seppur circoscritto alla città, nel primo decennio del 300. San Vittore (322- 357) primo vescovo di Piacenza, fece costruire la propria basilica cimiteriale fuori città. In proposito è stato precisato che, secondo la legge romana, “i vescovi erano santi perché toccavano le cose sante” e per tale motivo acquisivano anche il diritto di farsi costruire la tomba sotto l’altare.

Con l’evangelizzazione i cristiani riconobbero i loro primi martiri ai quali dedicarono modesti sacelli che divennero più tardi splendide chiese. San Savino, successore di San Vittore, ritrovò nel 388 – in un ipogeo ove poi sorse la chiesa di Santa Maria in Cortina – le spoglie di Sant’Antonino, legionario della legione di Tebea ucciso nel 303 per non aver rinnegato la propria fede. In proposito alcuni studiosi sostengono che il martirio di Sant’Antonino sia avvenuto a Travo mentre secondo il relatore l’uccisione avvenne a Piacenza. San Savino fece traslare le spoglie di Antonino nella chiesa vittoriana accanto alle spoglie del vescovo Vittore. La chiesa fu successivamente dedicata al giovane martire. Numerosi sono gli edifici sacri costruiti in onore di Sant’Antonino, sia nel territorio piacentino (ad esempio Pittolo, Travo, Ozzola, Albarola) sia nelle province limitrofe.

La disponibilità del relatore ha permesso di soddisfare numerosi ed interessanti quesiti dei presenti. È stato ad esempio ricordato che prima che Pontenure nascesse, sembra si fosse sviluppata una zona a sinistra dell’attuale ferrovia tra il Nure e il Riglio dove, in epoche lontane, si lavorava il ferro (da qui il nome di Ferriera), poi i romani vi stabilirono la prima centuriazione fuori dalla città a difesa della stessa.

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