La commemorazione dei Fedeli defunti: Noi con Loro
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
di Jacopo Vitelli – 2 Novembre 2025
La commemorazione dei Fedeli defunti, più comunemente nota come “Festa dei morti”, che si celebra ogni anno il 2 novembre sembrerebbe una celebrazione triste, un momento per piangere chi non c’è più, confidando nell’amore divino che accoglie e protegge le anime dei cristiani nell’attesa della risurrezione. E invece.
E invece mi ricorda una lezione del prof. di religione delle superiori che, parlando appunto della celebrazione del 2 novembre, chiese alla classe: “Ma questa festa, per chi è secondo voi?”. C’è chi rispose per i morti, chi per la famiglia, chi per la fede nell’aldilà cristiano, chi, provocatoriamente disse “che è inutile, quindi per nessuno”.
Il prof ascoltò tutti per poi esclamare: “Questa festa è per noi. Anzi, per Noi con Loro”. Sì, perché, se uno ci riflette un secondo i fiori, i lumini, le preghiere, la tomba, la lapide con data di nascita e di morte (o se preferite di “nascita al cielo” cristianamente parlando) non servono ai morti. Servono a noi, i vivi. Sono segni che chi è morto non è morto per sempre, non è diventato niente, nulla, dimenticato nell’oblio del tempo che passa e mai si ferma.
Lo dice bene il poeta Giovanni Battista Marini che parla di “uno strano giardino” dove “ i cimiteri grandi e piccini diventan giardini: e a sera, pei tanti lumini lontani e vicini, sembrano cieli stellati di regni incantati”. Il cimitero, da sempre simbolo di morte e dolore, rifiorisce di vita, di colori e di luce per celebrare la profonda unione tra vita e morte.
Guardiamo un attimo all’origine di questa commemorazione: la solennità affonda le radici nel X secolo, quando sant’Odilone, abate di Cluny, stabilì che il 2 novembre i monasteri del suo ordine pregassero per tutti i defunti. Una pratica che si diffuse rapidamente in tutta la Chiesa, rispondendo a un’esigenza profondamente sentita dal popolo cristiano: accompagnare con la preghiera i propri cari nel passaggio alla vita eterna. Ma non solo: unire vivi e morti in un abbraccio comunitario di tutta la Chiesa, visibile ed invisibile. Abbraccio nutrito dalla Speranza. Quale?
La Speranza che risiede nella nostra fede pasquale: come Cristo è risorto, così anche i defunti risorgeranno. In un mondo segnato profondamente dal dolore e dalla perdita, dove la morte è celata, nascosta o viceversa spettacolarizzata quasi fosse un reality show, il 2 novembre ci invita a contemplare la speranza cristiana, trasformando il lutto in un atto di amore e di fiducia in Dio senza rinnegare la morte che fa parte del ciclo della vita ma anzi riconoscendola e sentendo forte il legame con i cari che ci hanno preceduto nella Casa del Signore.
La commemorazione dei defunti non deve perciò diventare semplicemente un momento nostalgico o un tributo alla memoria. È innanzitutto un atto di fede nella comunione dei santi, quella realtà misteriosa ma consolante che unisce la Chiesa pellegrina sulla Terra e la Chiesa trionfante in cielo. Pregare per i defunti significa sapere che i nostri legami d’amore non si spezzano con la morte, ma che si trasformano e continuano in Cristo e grazie a Cristo, che ha vinto per sempre la morte.
