Storia della parrocchia

Dalla nascita della Pieve di Pontenure ai giorni nostri

Il rapporto privilegiato esistente da molti secoli tra il paese di Pontenure e la via Emilia è testimoniato da un particolare e singolare primato: l’appellativo di «Via Romea», cioè via diretta a Roma, cuore della Cristianità, affibbiato a partire dal Medioevo all’importante arteria consolare romana, si affaccia per la prima volta nella storia proprio a Pontenure, in un atto notarile risalente all’anno 990. Suggestiva e significativa è peraltro la continuità di dedicazione che scandisce nella pianura della nostra provincia il percorso del pellegrinaggio romeo: sono infatti ben cinque le chiese poste lungo la via Emilia tra Piacenza e Fiorenzuola d’Arda dedicate a San Pietro (oltre a quella di Pontenure, la chiesa cittadina di San Pietro in foro di Piacenza e le chiese parrocchiali di Montale, Cadeo e Saliceto). Per esse è stata ipotizzata da numerosi studiosi una funzione segnalatoria, pratica e simbolica, in favore dei numerosi pellegrini diretti a Roma, capitale della Cristianità anche dopo il crollo dell’Impero, a rendere omaggio ai sepolcri dei santi apostoli Pietro e Paolo.

Il ducato di Parma e Piacenza affrescato nel 1574 da Ercole Pio e Antonio Paganini nella libreria del Monastero di San Giovanni a Parma.

Le origini della Parrocchia di Pontenure sono avvolte nel mistero: anche il grande storico ecclesiastico piacentino Pietro Maria Campi, autore della monumentale Historia Ecclesiastica, ammette cautamente di non avere «cosa sicura da dire» a riguardo. È comunque probabile che la nascita della Pieve di Pontenure si debba far risalire al periodo longobardo, quando il progressivo intensificarsi del processo di ruralizzazione delle strutture dell’amministrazione civile si accompagnò ad un analogo processo di ruralizzazione di quelle ecclesiastiche. All’interno dell’organizzazione ecclesiastica sorsero così sempre più numerose le pievi (dal latino plebs, ossia “popolo”) che col tempo acquisirono una certa autonomia nei confronti del Vescovo locale e spesso si contrapposero agli enti ecclesiastici della città: ben presto le pievi acquisirono il diritto di battezzare e seppellire i morti, d’indire processioni e di riscuotere le decime.

Alla pieve facevano spesso riferimento villaggi (o “ville”) circonvicini, dotati anche di propria chiesa (cappella), ai quali era addetto un cappellano curato, comunque soggetto all’autorità dell’arciprete pievano. In queste cappelle si svolgevano tutte le normali funzioni liturgiche, tranne il battesimo. I sacerdoti vicari vivevano in comunità, in una casa detta canonica ed erano chiamati “canonici” (da canone, elenco dei ministri di una chiesa) e raggiungevano le chiese soggette per la celebrazione della messa festiva e l’insegnamento della dottrina. In seguito si stabilirono presso le chiese succursali delle ville, che in molti casi si erano nel frattempo dotate di una fonte battesimale e di un cimitero (“curazie”), in qualità di curati, dando inizio al processo di formazione delle singole parrocchie.

Le prime notizie dirette sulla Pieve di Pontenure risalgono all’undicesimo secolo: una pergamena risalente al 1009, già segnalata dal Nicolli e conservata presso l’archivio capitolare del Duomo di Piacenza, ci ha restituito il nome del primo arciprete a noi noto della chiesa plebana di San Pietro, anch’egli di nome Pietro e di uno dei suoi canonici, di nome Lanfranco. E proprio la dignità di pieve con la dedicazione al principe degli Apostoli a quella determinata soglia storica implicano tradizione, prestigio e fondazione remota: se la nascita della parrocchia rurale medioevale viene generalmente collocata nei secoli sesto e settimo, pare che la dedicazione a San Pietro designi sin dalle origini i luoghi di culto più antichi, spesso sorti su precedenti insediamenti di età romana, come gli antichi capitalia delle città di fondazione coloniale, quasi una rivalsa e una riappropriazione anche materiale dei centri di potere pagani.

Il secondo arciprete a noi noto, di nome Giovanni, compare soltanto nel 1141, a distanza di più di un secolo dal precedente: viene menzionato nella Historia Ecclesiastica del Campi in relazione ad una sentenza emessa in quell’anno dal cardinale Azzone, legato di Papa Innocenzo III, sulla contesa sorta tra l’arciprete Giovanni e i canonici della Pieve di Pontenure sulla validità della sua nomina. Per la cronaca, la sentenza del cardinale Azzone fu favorevole all’arciprete. Nel corso del Duecento si possono citare soltanto gli arcipreti Oddone (1224) e Monaco (1279), i cui nomi sono attestati rispettivamente in una pergamena conservata presso l’Archivio parrocchiale e nell’opera del Campi. È però soltanto a partire dalla seconda metà del tredicesimo secolo, per la precisione dall’anno 1278, che si può ricostruire una successione cronologica degli Arcipreti grazie ai documenti conservati presso l’archivio parrocchiale. Proprio in quell’anno, secondo quanto riportato dal Campi, avvenne la divisione tra l’arciprete Oberto de Bonifacio e i quattro canonici che costituivano il Capitolo della chiesa di Pontenure: «I Canonici di Pontenuro in quest’anno, che furono Otto Settembrini, Guglielmo Muffi, Pietro Orsi e Prete Gherardo; vennero nell’ultimo di febbraio a disunione tra essi, e l’Arciprete loro Uberto De Bonifacij, di tutte le possessioni, e terreni che quella Pieve tenea: assegnandosi separatamente à Canonici le loro tenute della proprietà, e poderi dell’Arciprete. Si che in detto luogo se n’andò in disuso lo stile del vivere insieme à comune, à guisa che nell’altro collegate di mano in mano avvenne».

Risulta impossibile ricostruire quali chiese dipendevano dalla Pieve di Pontenure prima del XVI secolo: non ne viene fatta una precisa menzione neppure nel Codice 28 della Cattedrale di Piacenza, risalente all’anno 1235 circa, dove sono elencate le decime che le pievi, le chiese e gli ospedali della nostra provincia dovevano versare alla Diocesi di Piacenza. Da questo estimo apprendiamo però che dipendevano dalla nostra pieve «estimationes omnium ecclesiarum que sunt ultra Nuriam et Ardam». Come ricordavamo in apertura, è infatti tra i torrenti Nure e Arda e la via Romea che si modella territorialmente la pieve di San Pietro di Pontenure, chiesa battesimale al vertice di una vasta giurisdizione in grado di fornire, secondo i duecenteschi computi delle decime, ben cinquecento libbre di decima, una delle rendite ecclesiastiche più ricche dell’intera diocesi. Grazie agli studi ottocenteschi di Alessandro Wolf, possiamo invece affermare che nel Cinquecento dipendevano dalla Pieve di Pontenure almeno nove chiese minori suffraganee: Santa Maria di Albiano, San Giacomo di Borghetto, San Giorgio di Buzalino, Santa Maria di Chiavenna Sottana, Santa Maria di Fossadello, Santa Maria di Monteguccio, San Colombano di Muradello, San Bartolomeo di Roncaglia e San Prospero di Zena. Per molte di esse, secondo documenti trecenteschi e quattrocenteschi conservati presso l’archivio parrocchiale, spettava all’arciprete di Pontenure la nomina del rettore «per antiqua e approbata consuetudine». Le chiese oppure oratori di Paderna, Valconasso e Montanaro dipendevano invece a quel tempo dalla Pieve di San Giorgio. Solo a partire dalla fine del XVI secolo la giurisdizione sull’oratorio di Valconasso passò alla Pieve di Pontenure, mentre a partire dalla fine del Seicento il diritto di economato sulla pieve di Pontenure fu assegnato al rettore della chiesa di San Colombano di Muradello «per sé e per i suoi successori».

La necessità di vigilare sull’osservanza delle disposizioni del Concilio di Trento e sulla condotta morale del clero, specialmente in ordine al dovere della residenza, della predicazione, della catechesi al popolo e della cura degli infermi, portò a suddividere il territorio delle diocesi in distretti che subentrarono alle antiche suddivisioni plebane, quasi ovunque già scomparse o decadute. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo, in seguito ad una riforma del Codice di Diritto Canonico, anche l’antica Pieve di Pontenure si trasformò così in Vicariato foraneo, pur continuando a svolgere le medesime funzioni di prima. Un elenco stilato nel 1786 da monsignor Gregorio Cerati, vescovo di Piacenza dal 1783 al 1807, consente di ricostruire con precisione quali parrocchie e oratori dipendevano dal Vicariato foraneo di Pontenure verso la fine del Settecentonel territorio del comune di Pontenure dipendevano direttamente dalla chiesa parrocchiale gli oratori di Valconasso, Albiano, La Calabresa, Menarolo, Cascinazza, Berta, San Giovanni e San Martino, oltre alla chiesa parrocchiale di San Colombano di Muradello, con gli oratori della Salvezza, San Rocco, Sant’Anna, Samboneto e Roveleto di Cadeo. Nel territorio del comune di Piacenza, la chiesa parrocchiale di San Bartolomeo Apostolo di Roncaglia, la chiesa parrocchiale di San Giacomo Maggiore di Borghetto e i dipendenti oratori dei Tedeschi, della Casa Vecchia e della Torre della Razza, e la chiesa parrocchiale di San Giorgio Martire delle Mose, con gli oratori della Croce Grossa, del Malcantone e della Beata Vergine delle Grazie; nel territorio del comune di Caorso, la chiesa parrocchiale di Mezzanone, con gli oratori della Concezione Citra e Ultra, la chiesa parrocchiale di San Lorenzo Martire di Roncarolo, la chiesa parrocchiale di Santa Maria di Fossadello, con gli oratori di Sabbioncello e di Santa Teresa dei Zanoni. Nella prima metà dell’Ottocento dipendevano dal Vicariato foraneo di Pontenure le prepositure di Borghetto, Le Mose, Muradello e Roncaglia, le rettorie di Fossadello, Roncarolo e Speradera, la prioria di Cadeo e l’oratorio di Valconasso. L’arciprete di Pontenure aveva il titolo di vicario foraneo: in qualità di vicario del Vescovo in periferia, era incaricato di promuovere la vita liturgica, pastorale e la perfetta amministrazione nel territorio di sua competenza.

Nel secondo dopoguerra la parrocchia di Pontenure e le parrocchie delle frazioni entrarono a far parte della circoscrizione pastorale della Bassa Valnure con Podenzano e San Giorgio Piacentino. A partire dall’8 giugno 2001 la geografia della Diocesi di Piacenza-Bobbio è stata completamente ridisegnata: le 428 parrocchie esistenti sono state suddivise in quaranta Unità Pastorali, ognuna guidata da un presbitero moderatore, facenti a loro volta parte di sette vicariati, ciascuno dei quali guidato da un vicario episcopale territoriale. La Parrocchia di Pontenure fa parte della V Unità Pastorale del Vicariato della Val Nure, comprendente anche le parrocchie di Valconasso, Muradello e Paderna.

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