Anno liturgico

1. Cos’è l’anno liturgico?

L’Anno Liturgico è l’anno della Chiesa, ed è la celebrazione della vita di Gesù distribuita nell’arco di un intero anno. Esso si struttura in diversi periodi: centro dell’anno liturgico è il Triduo pasquale, che culmina nella domenica di Pasqua. Esso è come un albero carico di frutti, segno della Chiesa, nata nel giorno di Pentecoste.

In seguito è rappresentato il cammino dell’anno liturgico: dall’attesa di Gesù, già presente nel progetto del Padre, alla sua venuta, nuovo germoglio, alla sua passione e morte e, infine, alla sua Pasqua di Risurrezione.

L’Anno liturgico è formato da 52 settimane, come l’anno civile. Il suo inizio, però, non coincide con il 1° gennaio e la sua fine non cade il 31 dicembre. Esso ha un’impostazione particolare, perché “liturgico”, cioè basato sulla liturgia, che è la preghiera della Chiesa. Nel corso dell’anno, infatti, viene presentato, attraverso le celebrazioni liturgiche, Gesù Cristo, il suo messaggio e la sua vita. Viene presentata anche la Chiesa, attraverso la figura della Vergine Maria e dei Santi, che hanno vissuto in pienezza l’insegnamento di Gesù. Possiamo dire che l’anno liturgico è il cammino dei cristiani per conoscere e accogliere Gesù nella propria vita.

2. Qual è il suo fondamento?

La domenica, è il fondamento dell’anno liturgico, perché è il giorno della risurrezione di Gesù. I primi cristiani, in questo giorno, celebravano la Pasqua settimanale; per questo la domenica è il giorno del Signore, il giorno dell’Eucaristia. Successivamente, per un desiderio di approfondire e vivere appieno i misteri di Gesù, si è sviluppato il ciclo pasquale e il ciclo natalizio.

3. Com’è composto l’anno liturgico?

L’anno liturgico non si compone propriamente di mesi ma di settimane ed è composto dal “Temporale” e dal “Santorale”. Il primo, comprende il ciclo natalizio con i tempi di Avvento e di Natale, il ciclo pasquale con i tempi di Quaresima e di Pasqua, e le 34 domeniche del Tempo Ordinario. Il Santorale comprende, invece, i giorni in cui la liturgia celebra la memoria dei SantiIl Triduo Pasquale, poiché ricorda la passione, morte e risurrezione di Gesù, è il centro e il culmine dell’anno liturgico.

L’anno liturgico prende inizio con il tempo di Avvento (dai primi vespri della prima domenica di Avvento- a fine novembre/inizio dicembre-  fino all’ora nona del 24 dicembre), segue il tempo di Natale (dai primi vespri del 24 sera fino alla domenica successiva all’Epifania, in cui si celebra la festa del Battesimo di Gesù, ancora a tutti gli effetti tempo di Natale), un primo periodo del tempo Ordinario (dal lunedì seguente il Battesimo di Gesù fino al martedì sera che precede il mercoledì delle Ceneri), il tempo di Quaresima (dal mercoledì delle Ceneri al sabato santo incluso), il tempo di Pasqua (dalla Veglia Pasquale alla sera di Pentecoste – la solennità dell’Ascensione è all’interno del tempo di Pasqua), il secondo periodo del tempo Ordinario (dal lunedì successivo alla Pentecoste fino all’ora nona del sabato che precede la prima domenica di Avvento) in cui ci sono alcune solennità del Signore: la Santissima Trinità (domenica successiva alla Pentecoste), il Corpus Domini (il giovedì o la domenica successiva alla Santissima Trinità), il Sacro Cuore di Gesù (il venerdì successivo alla domenica del Corpus Domini), Cristo Re dell’universo (l’ultima domenica, XXXIV,  del tempo Ordinario).

Questa struttura celebrativa che ritma l’anno della Chiesa si è formata gradualmente a partire dal II secolo quando si è definita – oltre alla celebrazione della Pasqua settimanale, di domenica in domenica, festa primordiale di origine apostolica – una grande festa annuale di Pasqua con il periodo di preparazione – dapprima di due giorni di digiuno e preghiera, poi una settimana, fino ad arrivare ai 40 giorni che ancora oggi celebriamo con il tempo di Quaresima – ed il periodo seguente con i 50 giorni che arrivano fino a Pentecoste. Gradualmente si è formato poi il tempo di Natale e successivamente il tempo di Avvento (siamo già attorno al VI secolo).

La Chiesa suddivide questa serie di anni attraverso la denominazione di Anno A, Anno B, Anno C, a cui corrisponde un ciclo delle letture festive (Ciclo A, Ciclo B, Ciclo C). Ciascun anno liturgico ha una sua peculiare fisionomia. I Vangeli sono l’oggetto principale della meditazione festiva, senza tuttavia sminuire l’importanza dei testi dell’Antico Testamento e della Seconda Lettura (di solito staccata dal contesto) che li accompagnano. Durante l’anno A ad offrirci spunti di meditazione su Gesù Cristo è l’evangelista San Matteo; durante l’anno B è San Marco; mentre l’anno C conosce il mistero incarnazionistico salvifico attraverso il Vangelo di San Luca. Il Vangelo del quarto vangelista, San Giovanni, che a più riprese compare nella Liturgia della Parola di tutti e tre gli anni, viene proposto in modo particolare durante il tempo della Passione del Signore.

4. Qual è lo scopo dell’anno liturgico?

L’anno liturgico è un vero e proprio cammino di salvezza, perché la Chiesa rende presente il mistero della Redenzione con la sua pienezza di grazia. Esso, quindi, è un anno di grazia del Signore, per questo il cristiano a contatto con questo tempo deve trasformare la propria vita, rinnovandosi, o meglio, convertendosi, come è avvenuto per i santi.

5. I segni che orientano l’anno liturgico

I Colori dei vari tempi. – L’anno liturgico ha i suoi colori, che spiegano e orientano nel tempo che si sta vivendo. Possiamo dire che sono i segnali che fanno subito capire l’itinerario particolare che si sta percorrendo o la festa che si sta celebrando. Nell’introduzione al Messale Romano leggiamo: “La differenza dei colori nelle vesti liturgiche ha lo scopo di esprimere, anche con mezzi esterni, la caratteristica particolare dei misteri della fede che vengono celebrati, e il senso della vita cristiana lungo il corso dell’anno liturgico“.

Secondo il tipo e la finalità della celebrazione, i giorni e i tempi liturgici dell’anno ecclesiastico, sono prescritti per i paramenti i seguenti colori: il bianco, il rosso, il verde, il violetto e il rosaceo. In ogni periodo dell’anno liturgico, è possibile sostituire i suddetti vari colori con il colore oro, per particolari motivi di solennità. Eccoli di seguito:

– Il colore viola indica penitenza, conversione, attesa e suffragio; si usa nei tempi di Avvento e di Quaresima e nella liturgia dei defunti (in quest’ultimo caso, può anche essere usato il colore nero).  Indica la speranza, l’attesa di incontrare Gesù, lo spirito della penitenza.

– Il colore bianco significa risurrezione, purezza e gioia; si usa nel tempo di Natale e nel tempo di Pasqua, nelle celebrazioni del Signore, della Vergine Maria e dei Santi non martiri, nella celebrazione del Battesimo, del Matrimonio e dell’Ordine.

– Il colore verde esprime speranza, costanza nel cammino e ascolto perseverante; si usa nel Tempo Ordinario.

– Il colore rosso indica amore e martirio; si usa la domenica delle Palme, il venerdì Santo, la domenica di Pentecoste e nelle celebrazioni dei santi martiri. Esprime il dono dello Spirito Santo che rende capaci di testimoniare la propria fede anche fino al martirio. Si utilizza anche  nella solennità del Sacro Cuore di Gesù e per il sacramento della Cresima

– Il colore oro si usa in sostituzione di tutti i colori  ad eccezione del viola. Significa regalità e si può usare per sottolineare l’importanza di alcune Solennità.

Vi sono, poi, due colori che vengono usati raramente e sono:

– il colore rosaceo, che si può usare la III domenica di Avvento e la IV di Quaresima; stempera il colore viola interrompendo il clima penitenziale, e indica gioia per la solennità che si avvicina, infatti la III di Avvento è detta Gaudete (Gioite) e la IV di Quaresima, Laetare (Rallegrati).

– Il colore azzurro, non è un vero e proprio colore liturgico, richiama il cielo e si può usare nelle celebrazioni che riguardano la Vergine Maria.

Le soste dell’Anno Liturgico: le Solennità, le Feste e le Memorie. – Quando ricorre una particolare celebrazione si usa, genericamente, il termine Festa, ma la liturgia ha tre classificazioni delle celebrazioni, secondo la loro importanza: la Solennità, la Festa e la Memoria. Questi giorni liturgici sono delle soste che invitano a meditare sui misteri della fede o sulla vita dei santi.

Le Solennità sono le celebrazioni più importanti, si riferiscono soprattutto a Gesù e a Maria, ma anche ai santi di particolare rilievo: San  Giuseppe. San Giovanni Battista, i Santi Pietro e Paolo. Le Feste sono le celebrazioni che interessano soprattutto i santi che hanno avuto un particolare ruolo nella storia della Chiesa: gli apostoli, gli evangelisti, i fondatori di ordini religiosi. Le Memorie, hanno lo scopo di celebrare il ricordo di un santo. Le solennità e le feste possono avere un tempo di preparazione: il Triduo (tre giorni prima della ricorrenza); la Novena (nove giorni prima).

I tempi più importanti di preparazione sono il Triduo Pasquale e la Novena di Natale. L’Ottava, invece, sono otto giorni che seguono la festa; la Chiesa celebra con particolare solennità l’Ottava di Natale e l’Ottava di Pasqua.

I Testimoni, cioè gli esempi da seguire, la Vergine e i Santi. – La Chiesa, durante l’anno liturgico, celebra dei momenti particolari, delle soste, in cui i cristiani sono chiamati a meditare su alcune figure che hanno vissuto in pienezza la vocazione cristiana. Il primo esempio che viene presentato è la Vergine Maria. Per la sua particolare vocazione nella storia della salvezza, accanto a Gesù, suo figlio, è Madre di Dio e Madre della Chiesa ed è presentata come modello di vita cristiana. I Santi sono presentati dalla Chiesa come esempi da seguire, perché sono dei modelli viventi di risposta libera e generosa alla chiamata di Dio. Essi sono dei compagni di viaggio nel cammino dell’anno liturgico; infatti, la Chiesa propone ogni giorno, nel suo calendario, uno o più santi.

6. L’insegnamento della Chiesa

Dalla Costituzione apostolica sulla Liturgia, Sacrosantum Concilium, una delle quattro costituzioni conciliari del Concilio Vaticano II:

Il senso dell’anno liturgico

La santa madre Chiesa considera suo dovere celebrare l’opera salvifica del suo sposo divino mediante una commemorazione sacra, in giorni determinati nel corso dell’anno. Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di “domenica”, fa memoria della risurrezione del Signore, che essa celebra anche una volta l’anno, unitamente alla sua beata passione, con la grande solennità di Pasqua. Nel corso dell’anno poi, distribuisce tutto il mistero di Cristo dall’Incarnazione e dalla Natività fino all’Ascensione, al giorno di Pentecoste e dall’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore. Ricordando in tal modo i misteri della redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, le rende come presenti a tutti e permette ai fedeli di venire a contatto e di essere ripieni della grazia della salvezza (SC102).

Valorizzazione della Domenica

Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della resurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente giorno del Signore o Domenica. In questo giorno infatti i fedeli devono riunirsi in assemblea per ascoltare la parola di Dio e partecipare all’Eucaristia e così far memoria della passione, della resurrezione e della gloria del Signore Gesù e “render grazie a Dio, che li ha rigenerati nella speranza viva per mezzo della risurrezione di Gesù Cristo dai morti(1 Pt 1,3).

Per questo la domenica è la festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro. Non venga anteposta alcun’altra solennità che non sia di grandissima importanza, perché la domenica è il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico(SC106).

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