Credo ergo sum: spiegazione delle professioni di fede: Simbolo degli Apostoli e Credo niceno-costantinopolitano.
PRIMA PARTE
Io credo?
Nel Simbolo la parola credo ricorre quattro volte: per tre volte seguita dalla preposizione in e per una volta da nessuna preposizione. Con il credo in intendo esprimere un atteggiamento di fiducia, di incontro e di abbandono a Dio. Credo in Dio è un’espressione che va ben oltre il ritenere vero che Dio esiste: questo lo sanno anche i demoni (Gc 2, 19). Essi però non credono in Dio, cioè non affidano alla Sua provvidenza la propria esistenza, non lo amano, non gli ubbidiscono, non lo vogliono incontrare.
La quarta occorrenza della parola credo («credo la Chiesa») è ben diversa. Non dico: credo nella Chiesa, perché non affido la vita agli uomini che formano la Chiesa. Dico: credo la Chiesa, per affermare che so che la Chiesa è opera di Dio e quindi Gliene sono riconoscente e mi onoro di farne parte. Affido invece la mia vita all’unico Dio, l’unico capace di accogliere la vita umana e di sostenerla e di amarla per l’eternità.
Credo in un solo Dio
Professiamo l’esistenza di un solo Dio perché Egli stesso si è rivelato al popolo d’Israele come l’Unico: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore» (Dt 6,4) e ancora «perché io sono Dio, non ce n’è altri» (Is 45,22). Cristo stesso l’ha confermato: «Il Signore nostro Dio è l’unico Signore» (Mc 12,29). Professare la Trinità, cioè credere che Gesù e lo Spirito Santo sono anch’essi Dio e Signore non introduce alcuna divisione nel Dio Uno e non significa che esistano tre divinità, tre dèi. Il termine Trinità non compare esplicitamente nei Simboli, così come non compare nella Sacra Scrittura: esso è frutto di una riflessione su Dio, come ci è manifestato da Gesù, che parla di Sé come del Figlio unico del Padre e parla dello Spirito Santo come di un Altro: è la Tri-unità, la Trinità. Dio rimane Uno nella Sua essenza, benché la Luce percepita dai miei occhi risponda a Tre colori diversi. L’esatta natura della Trinità è per l’uomo un mistero insondabile con la sola ragione (CCC, nn. 200-202, 228, 232-237, 243-248, 257-260 267).
L’unità di Dio impegna l’uomo a non sottomettersi alle leggi umane che spingono all’idolatria: all’idolo del denaro (la legge del profitto, dell’egoismo, dello sfruttamento), all’idolo del piacere (la legge del consumismo, del soddisfacimento del solo interesse personale, del falso “progresso sessuale”), l’idolo della materia (la legge del materialismo, della secolarizzazione, dell’apparire che sopravanza l’essere).
Padre
Il padre è colui che nella nostra esperienza terrena dà origine ai figli. Dio è Padre in quanto da Lui parte ogni generazione e ogni iniziativa d’amore. Padre è il nome che Gesù stesso ci insegna ad usare per rivolgerci Dio. Un termine che ci eleva, rendendoci più vicini a Lui, che conferma la Sua superiorità e la grandezza del Suo amore, ma anche la Sua tenerezza e la Sua vicinanza alla vita e alle vicende umane, come un padre con i suoi figli. Questa fede in Dio Padre ci fa rifiutare l’atteggiamento della secolarizzazione, che propone agli uomini un modo di essere che esclude Dio, in ripetizione del peccato originale e, è ben evidente ogni giorno, di quello di Caino.
Onnipotente, Creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili
L’onnipotenza di Dio è universale, misteriosa, e si manifesta nel creare il mondo dal nulla e l’uomo per amore, ma soprattutto nell’Incarnazione e nella Risurrezione del Suo Figlio, nel dono dell’adozione filiale e nel perdono dei peccati (CCC, nn. 268-278).
Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono il principio unico e indivisibile del mondo, anche se l’opera della creazione del mondo è particolarmente attribuita a Dio Padre. La creazione è il fondamento di tutti i divini progetti di salvezza; manifesta l’amore onnipotente e sapiente di Dio; è il primo passo verso l’Alleanza dell’unico Dio con il suo popolo; è l’inizio della storia della salvezza culminante in Cristo (CCC, nn. 279-289, 290-292, 315-316).
Affermare che Dio è creatore di tutto significa anche affermare che tutto ciò che esiste ha uno scopo, che nulla è inutile, che tutto è stato fatto con Sapienza. Di ogni creatura «Dio vide che era cosa buona». L’impegno dell’uomo è a non distruggere la Creazione e anzi ad essere riconoscente e a godere di ogni cosa secondo la volontà di Dio: tutto ciò che è stato creato da Dio è buono e nulla è da scartarsi, quando lo si prende con rendimento di grazie (1 Tm 4, 4).
Per quanto creatore di ogni cosa, Dio non è in alcun modo, né direttamente né indirettamente, la causa del male. La fede ci dà la certezza che Dio non permetterebbe il male, se dallo stesso male non traesse il bene. Dio questo l’ha già mirabilmente realizzato in occasione della morte e risurrezione di Cristo: infatti dal più grande male morale, l’uccisione del suo Figlio, Egli ha tratto i più grandi beni, la glorificazione di Cristo e la nostra redenzione (CCC, nn. 309-314, 324, 400).
e invisibili.
A queste entità, che sfuggono alla normale osservazione dell’uomo, ci riferiamo comunemente come ad angeli e demòni. Di loro sappiamo che sono creature di Dio puramente spirituali, incorporee, invisibili e immortali, esseri personali dotati di intelligenza e di volontà e che, come l’uomo, non sono pari a Dio né tantomeno al di sopra di Lui. Anche i demòni sono creature di Dio, in quanto creture esistenti (Egli è il Creatore di tutto ciò che esiste) libere di scegliere. La loro esistenza dipende solo da Dio, l’abominio che sono divenuti dipende solo dalla loro libera scelta di compiere il male. È bene ribadire che, per quanto il principe di questo mondo voglia farci credere il contrario, esso è una creatura come noi e in nulla accostabile all’unico Dio. Satana non è quindi propriamente in lotta con Dio, perché Dio ha già vinto dall’eternità e nessuna creatura potrà mai porsi in competizione con Lui. È altresì cosa buona sgomberare il campo da ogni fraintendimento: satana esiste, non come entità simbolica, personificazione mitica del male del mondo, ma come entità spirituale reale, personale, agente nel mondo, per quanto non corporea e dunque priva, in senso stretto, di corna, coda e forcone! Negare l’esistenza del demonio è negare parte di quanto affermato da Cristo: la vita di Gesù è stata una lotta continua al maligno per smascherarlo e scacciarlo dall’uomo. Benché terribile nel Suo abominio, il nemico di Dio e dell’uomo non deve fare paura, perché il giusto sa bene di chi è figlio. (CCC, 328-336, 350-352, 391-395, 414).
Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli
Dando a Cristo (l’Unto, in greco; Messia in ebraico) il titolo di Signore riconosciamo la Sua divinità:>nella Bibbia, questo titolo designa abitualmente Dio Sovrano. Gesù lo attribuisce a Sé stesso, rivelando la Sua sovranità divina mediante il Suo potere sulla natura, sui demòni, sul peccato e sulla morte, soprattutto con la sua Risurrezione. (CCC, 446-451). Dio non ha dato a nessun altro, se non al Suo Cristo, potere e autorità. Non è un caso che in entrambe le versioni del Simbolo il passo che fa riferimento a Cristo è il più lungo: è Lui che ci fa conoscere il Padre e ci conduce a Lui, ed è in Cristo che si è manifestato lo Spirito Santo. Conoscere Gesù e seguirlo è la via per conoscere Dio. Cristo è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione” (Col 1,15). In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste (Gv 1,1-3). Egli è l’Unigenito, perché nessuna creatura, uomo o angelo che sia, potè, può o potrà mai arrogarsi diritti divini. Chiunque pretenda per sé questo diritto è un anticristo. Attualmente il mondo ne ha molti: alcuni uomini politici, capi di sette, lobby economiche, culturali e scientifiche, coloro che pretendono di paragonare il Cristo ad un “grande uomo”, un geniale pensatore o un rivoluzionario come tanti. Ma noi sappiamo che Dio ha un solo Figlio e noi un solo “Gesù”: è il nome che l’angelo Gabriele ha indicato a Maria per il nascituro, è il nome che Pilato ha fatto scrivere sopra la croce, è il nome che è al di sopra di ogni nome (Fil 2,9), perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra (Fil 2,10). In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati (At 4,12).
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre
Cristo è generato da Dio come Dio e non creato come una creatura (angeli, uomini,…). Non è “un altro” Dio, alternativo al Padre, ma Seconda Persona della Trinità. Non è neppure soltanto un profeta, ma Dio-con-noi. È Luce che dà la vita e che non contiene traccia di male, che è l’ombra che regna dove la luce non arriva, né come Dio né come uomo. È Dio vero e completo, non fasullo, parziale, apparente. Negare la completa e perfetta divinità (e la completa e perfetta umanità) di Cristo significa invalidare la Sua morte redentrice e la Sua Risurrezione. Se infatti Colui che è morto sul Calvario era un uomo come gli altri, la Sua morte e risurrezione non sarebbe in grado di salvarci. Come noi oggi, già i Padri del Concilio di Nicea (325) dovettero confrontarsi con coloro che intendevano negare la reale divinità di Cristo: allora la setta Ariana, oggi molti di più. È per questo motivo che i Padri conciliari insistono con ben cinque espressioni nell’affermare la medesima verità. La linea dei Padri conciliai è di adesione a quanto essi stessi hanno ricevuto dagli Apostoli attraverso i Vangeli e di difesa della verità dell’insegnamento apostolico per le generazioni di cristiani che seguiranno.
Nell’Apocalisse la medesima adorazione che viene tributata a Dio viene pure donata all’Agnello, Cristo: «A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli» (Ap 5,13). San Pietro (2 Pt 1,1) e San Paolo (Col 2,9) ribadiscono questa verità. Anche i nemici di Cristo avevano capito come Egli si presentava: «Non ti lapidiamo per un’opera buona, ma per una bestemmia: perché tu, che sei uomo, ti fai Dio» (Gv 10,33). Ciò non deve stupire: in fondo gli Apostoli e i nemici di Cristo avevano ben chiaro ciò che Gesù stesso aveva chiaramente affermato: «Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono» (Gv 8,28) e ancora «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono» (Gv 8,58). “Io Sono” è il modo in cui Dio stesso si presentò a Mosé (Es 3, 14). Oppure: «sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre» (Gv 10,38), «E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5) e ancora «Siano come noi una cosa sola!» (Gv 17,11). Non sono possibili soluzioni di compromesso, neppure in nome del dialogo interreligioso: o crediamo che Cristo fu un bestemmiatore, oppure che è veramente Dio.
per mezzo di lui tutte le cose sono state create.
Nel Nuovo Testamento questa verità è affermata molte volte (Col 1, 16a; Col 1, 16d; 1 Cor 8, 6; Gv 1, 3; Ebr 1, 2): Padre e Figlio erano uniti nell’opera creatrice. La creazione è attuata tramite la Parola di Dio, il Suo pensiero, e Cristo è il Verbo (in greco il logos: λόγος) stesso di Dio. È per questo motivo che ogni creatura è completa quando può riflettere la gloria del Figlio e ogni creatura mi dice qualcosa della Trinità: tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui e in vista di Lui (Col 1,16) e noi esistiamo grazie a Lui (1 Cor 8,6). Come affermava anche Sant’Agostino, tutto il Creato è segno, indicazione, che porta a conoscere la Trinità. Quanto grande è perciò il valore della Creazione e quanto rispetto merita ciò che ci circonda!
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo
L’incarnazione del Figlio, il Suo farsi prossimo all’uomo assumendone pienamente la natura, è un atto d’amore nei confronti di tutti gli uomini di ogni epoca: per riconciliare noi peccatori con Dio; per farci conoscere il suo amore infinito; per essere il nostro modello di santità; per farci «partecipi della natura divina» (2 Pt 1,4). Egli vuole la nostra salvezza, anche se oggi non ci vediamo più perduti e bisognosi di essere salvati, così potenti in noi stessi e nelle scoperte della scienza.
Ma cos’è questa salvezza? Gesù ha usato queto termine molte volte nel rivolgersi a qualcuno che con coraggio si è avvicinato a Lui: Zaccheo, il Samaritano lebbroso, il cieco di Gerico, la donna peccatrice,… Tutti loro hanno in comune l’essersi distanziati dal “pensiero dominante”, dal modo di fare e di pensare di tutti, per incontrare Gesù. È Cristo stesso a spiegare che è la fede di queste persone ad averle condotte alla salvezza, ad occuparsi di Lui, a distanziarsi dai legacci del mondo.La salvezza è un dono che ci raggiunge se facciamo il passo per accoglierla: la salvezza è un dono che Dio porge a tutti, ma che può accogliere solo chi si sforza a porgere mani svuotate di ogni orgoglio e di ogni sicurezza verso di Lui.
Il Cristianesimo non è una religione. La religione è il movimento dell’uomo verso Dio, un movimento sempre inadeguato e legato alla cultura in cui l’uomo è immerso, all’intelligenza e alla fantasia, talvolta alla stravaganza. La fede, invece, è il movimento dell’uomo verso il Dio che si rivela, attravreso il quale l’uomo accoglie ciò che gli viene rivelato dall’unica Parola di Dio, indipendentemente dalla cultura e dalle esperienze di provenienza. Perciò parliamo propriamente di fede cristiana e di religioni.
e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.
L’Incarnazione è il Mistero dell’ammirabile unione della natura divina e della natura umana nell’unica Persona divina del Verbo, Cristo. Per realizzare la nostra salvezza, il Figlio di Dio si è fatto carne (Gv 1,14), diventando veramente uomo, assumendo un vero corpo umano attraverso il quale Dio invisibile si è reso visibile (per questa ragione Cristo può essere rappresentato e venerato nelle sante immagini) e un vero cuore umano, con il quale Gesù ci ha conosciuti e amati.
L’Incarnazione di Cristo nel grembo della Vergine Maria è avvenuta per opera dello Spirito Santo e senza la collaborazione di uomo, secondo quanto l’Angelo aveva annunciato a Maria: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). Lo stesso verrà rivelato anche a Giuseppe: «il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20).
Cristo è Figlio del Padre secondo la natura divina e Figlio di Maria secondo la natura umana, ma propriamente Figlio di Dio nelle due nature, essendoci in lui una sola Persona, quella divina. Maria è rimasta Vergine nel concepimento del Figlio suo, Vergine nel parto, Vergine incinta, Vergine madre, Vergine perpetua (sant’Agostino), Vergine cioè prima, durante e dopo la nascita di Cristo. Quando i Vangeli parlano di “fratelli e sorelle di Gesù” si riferiscono a parenti prossimi (cugini) di Gesù, secondo un’espressione frequente nella Sacra Scrittura, sin dall’Antico Testamento. Maria è Madre di Dio, perché madre di Gesù, che è Dio, e perché ha compiuto la volontà di Dio: «Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (Mc 3, 35). Nulla è impossibile a Dio: Egli è libero dai nostri condizionamenti e dai nostri limiti, sia da quelli mentali che da quelli creaturali, fisiologici. Alla Vergine Cristo ha affidato il discepolo prediletto, presentandoglielo come figlio: in questo gesto di Gesù vediamo l’intenzione di affidare Maria a tutta la Chiesa. Venerando (e non adorando!) Maria con molti titoli i cristiani di tutte le generazioni proclamano la bellezza e la grandezza dell’opera di Dio.
L’incarnazione del Figlio di Dio è una delle affermazioni basilari della fede, tanto che San Giovanni avverte: ogni spirito che riconosce Gesù Cristo venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo ( 1 Gv 4,2-3). (CCC, nn. 456-460, 464-467, 469, 475-477, 482, 484-486, 496-498, 503, 499-507, 510-511).
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, mori e fu sepolto.
Il Mistero pasquale, che comprende la passione, morte, risurrezione e glorificazione di Cristo, è al centro della fede cristiana, perché il disegno salvifico di Dio si è compiuto una volta per tutte con la morte redentrice del suo Figlio. Cristo venne accusato da alcuni capi d’Israele di agire contro la Legge, contro il tempio di Gerusalemme e in particolare contro la fede nel Dio unico, perché Egli si proclamava Figlio di Dio. Per questo lo consegnarono a Pilato, perché lo condannasse a morte
È la seconda volta che nel Credo diciamo questo per noi. Tutta la vita di Gesù è un dono di Dio per noi, tutta la vita di Cristo è libera offerta al Padre per compiere il suo disegno di salvezza: Egli è venuto per dare la propria vita in riscatto per molti (Mc 10,45) e noi in questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi (1Gv 3,16).
Gesù è stato crocifisso, ha conosciuto una vera morte e una vera sepoltura. Gli interventi di Dio sono concreti, reali, avvengono nel tempo, in un luogo preciso, con testimoni oculari. La croce è stata, ed è ancora per molti, scandalo e stoltezza. Per chi crede, però, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio (1 Cor 1,24).
L’affermazione del Simbolo educa l’uomo ad accettare la morte come passaggio normale e sano della vita, partecipazione a quella di Cristo, e in preparazione ad essa a vivere con distacco dal mondo. Se il Figlio di Dio l’ha vissuta e vinta, la morte per l’uomo non è più un valico insormontabile (CCC, nn. 571-576, 595-598).
Nel Simbolo degli Apostoli troviamo anche discese agli inferi. Gli inferi – diversi dall’inferno della dannazione – costituivano lo stato di tutti coloro, giusti e cattivi, che erano morti prima di Cristo. Con l’anima unita alla sua Persona divina Gesù ha raggiunto negli inferi i giusti che attendevano il loro Redentore per accedere infine alla visione di Dio. In questo modo anche i giusti vissuti prima di Cristo sono stati salvati da Lui (CCC, nn. 632-637).
Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre.
La Risurrezione di Gesù è la verità culminante della nostra fede in Cristo e rappresenta, con la Croce, una parte essenziale del Mistero pasquale. Anche nella Risurrezione scorgiamo l’opera della Trinità. Le tre Persone agiscono insieme secondo ciò che è loro proprio: il Padre manifesta la Sua potenza; il Figlio riprende la vita che ha liberamente offerto (Gv 10,17) riunendo la Sua anima e il Suo corpo, che lo Spirito vivifica e glorifica. La Risurrezione è il culmine dell’Incarnazione: conferma la divinità di Cristo, come pure tutto ciò che Egli ha fatto e insegnato, e realizza tutte le promesse divine in nostro favore. Essa è inoltre il principio della nostra giustificazione e della nostra Risurrezione.
Con l’espressione secondo le Scritture non si intende sminuire la veridicità della Risurrezione, quasi ad addossare ad altri la responsabilità di quanto appena affermato. Al contrario, quel secondo è da intendersi con il significato di “conformemente a”, cioè conformemente a quanto le Scritture avevano già profetizzato: Certo, Dio riscatterà la mia vita, mi strapperà dalla mano degli inferi (Sal 49,16) e perché non abbandonerai la mia vita negli inferi, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa (Sal 16,10).
Gesù è risuscitato, non è tornato in vita come Lazzaro, la figlia di Giairo o il figlio della vedova di Nain: essi hanno ripreso la vita di prima e poi sono morti nuovamente. La risurrezione di Gesù è diversa: Ciò che tu semini non prende vita, se prima non muore. Quanto a ciò che semini, non semini il corpo che nascerà, ma un semplice chicco di grano o di altro genere. […] Così anche la risurrezione dei morti: è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale (1 Cor 15, 36-37.42-44).
Il Mistero della Risurrezione è completato dalla Sua Ascensione. Cristo sale al cielo e siede alla destra del Padre. Egli è il Signore che regna ormai con la sua umanità nella gloria eterna di Figlio di Dio e intercede incessantemente in nostro favore presso il Padre. Ci manda il suo Spirito e ci dà la speranza di raggiungerlo un giorno, avendoci preparato un posto. Cristo ha ripreso quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse (Gv 17,5).(CCC, nn. 631, 638, 648-655, 658-667).
E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine.
Dopo l’ultimo sconvolgimento cosmico di questo mondo che passa, la venuta gloriosa di Cristo avverrà con il trionfo definitivo di Dio nella Parusia (la Seconda venuta di Cristo, dal greco parousía, “presenza”) e con l’ultimo Giudizio. Si compirà cosi il Regno di Dio, per l’eternità. Cristo giudicherà con il potere che ha acquisito come Redentore del mondo, venuto a salvare gli uomini: Lui stesso ci ha ordinato di annunciare al popolo e di testimoniare che egli è il giudice dei vivi e dei morti, costituito da Dio (At, 10,42). I segreti dei cuori saranno svelati, come pure la condotta di ciascuno verso Dio e verso il prossimo. Ogni uomo sarà colmato di vita o dannato per l’eternità a seconda delle sue opere. La comunità dei cristiani vive quest’attesa ogni giorno e nella celebrazione eucaristica gioisce nell’attesa della sua venuta.
Il credente, anche e soprattutto se condannato dagli uomini, può rimanere in pace se ha obbedito a Gesù. E colui che è ritenuto innocente dalle folle, se non è in sintonia con la parola di Gesù, rimane fuori dal cuore di Dio. Chi rifiuta il dono dell’amore di Dio e della Sua Luce rimane nella tenebra. Chi rifiuta Gesù rimane privo di salvezza, resta immerso nella schiavitù della corruzione (CCC, nn. 675-682).
Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita
Spirito Santo è il nome proprio della terza Persona della Trinità. Terza non in ordine di importanza: i numeri, che in Dio non esistono, sono necessari a causa dei nostri limiti, di ragione e di linguaggio. Gesù lo chiama anche: Spirito Paraclito (Consolatore, Avvocato) e Spirito di Verità. Innumerevoli sono poi i nomi (Spirito di Cristo, Spirito del Signore, Spirito di Dio, Spirito della gloria,…) e i simboli (acqua viva, che scaturisce dal cuore trafitto di Cristo e disseta i battezzati; unzione con l’olio, che è il segno sacramentale della Confermazione; fuoco, che trasforma ciò che tocca; nube, oscura o luminosa, in cui si rivela la gloria divina; imposizione delle mani, per cui viene dato lo Spirito; colomba, che scende su Cristo e rimane su di lui al battesimo) con i quali viene indicato nel Nuovo Testamento.
È Signore, cioè è Dio Egli stesso, Persona divina distinta dal Padre e dal Figlio. E dà la vita: ha dato vita umana al Figlio di Dio nel grembo di Maria e dà vita divina a noi nel nostro corpo, tempio dello Spirito. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito (Gv 3,6).
Credendo nello Spirito Santo, l’uomo intende affidarsi alla Sua guida, rinunciando agli spiriti del mondo che lo tratterrebbero nella schiavitù della materia e dell’egoismo. Lo Spirito Santo eleva l’uomo ad accogliere Gesù, unica salvezza. (CCC, nn. 687-688, 691-701).
e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti.
Gesù chiede lo Spirito Santo al Padre (Gv 14,16) e il Padre lo manda nel Nome di Gesù (Gv 14,26). Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio (Gal 4,6), affinché riceviamo la nuova vita di figli di Dio. e Gesù lo manda “dal Padre”procede dal Padre e dal Figlio. Lo Spirito Santo mi porta a dar gloria al Padre e al Figlio, a dar loro importanza, a volerli conoscere con spirito di verità. Quando Padre e Figlio ricevono gloria, quella gloria va pure allo Spirito Santo
Con il termine profeti si intende quanti furono ispirati dallo Spirito Santo per parlare in nome di Dio. Lo Spirito porta le profezie dell’Antico Testamento a pieno compimento in Cristo, di cui svela il mistero nel Nuovo Testamento: il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Gv, 14,26). Tutta la Scrittura ci parla di Cristo, che è prima che Abramo fosse(Gv 8,58). (CCC, 687-688, 702-706, 743).
SECONDA PARTE
Credo la Chiesa, una
Da questo passo del Credo possiamo notare, come si anticipava nella prima parte, l’importante cambiamento dal credo in al credo il, in questo caso la Chiesa. Dio ci vuole uniti in un’unica famiglia, come compete ai fratelli, perché tutti siano una sola cosa (Gv 17, 21.22). Questa famiglia è chiamata Chiesa, popolo che Dio convoca e raduna da tutti i confini della terra, per costituire l’assemblea di quanti, per la fede e il Battesimo, diventano figli di Dio, membra di Cristo e tempio dello Spirito Santo. La Chiesa non può essere che una, perché ha come origine e modello l’unità di un solo Dio nella Trinità delle Persone, ha come fondatore e capo Cristo, che ristabilisce l’unità di tutti i popoli in un solo corpo e come anima lo Spirito Santo, che unisce tutti i fedeli nella Comunione in Cristo. Essa ha una sola fede, una sola vita sacramentale, un’unica successione apostolica, una comune speranza e la stessa carità.
L’unica Chiesa di Cristo sussiste (subsistit in) nella Chiesa cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui. Solo per mezzo di essa si può ottenere la pienezza dei mezzi di salvezza. Le divisioni createsi lungo i secoli a causa di peccati, incomprensioni e intromissioni politiche sembrano aver fatto nascere varie “chiese”, ma in realtà solo strappano e straziano l’unica Chiesa, rappresentata dalla tunica di Cristo, senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo (Gv 19, 23). Oggi, quando le derive disastrose di molte “chiese” divengono sempre più manifeste nel loro allontanarsi da Cristo, l’unica Chiesa va lentamente, ma progressivamente, recuperando la propria unità, secondo la volontà di Dio e per Sua gloria. L’unica Chiesa è anche straziata dal formarsi di “chiesuole partitiche” attorno a diversi predicatori, anche in seno alla stessa Chiesa cattolica, come già al tempo di San Paolo: Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: “Io sono di Paolo”, “Io invece sono di Apollo”, “Io invece di Cefa”, “E io di Cristo”. È forse diviso il Cristo? (1Cor 1, 12-13).
Nella Sacra Scrittura ci si riferisce alla Chiesa attraverso immagini. L’Antico Testamento privilegia quelle legate al popolo di Dio, mentre il Nuovo Testamento quelle legate a Cristo come Capo di questo popolo, che è il suo Corpo, quelle tratte dalla vita pastorale (gregge), agricola (vigna), abitativa (pietra), familiare (sposa). (CCC, 751-757, 777, 804, 816, 870).
santa cattolica e aposolica.
Tutti i membri della Chiesa sono peccatori, compreso il Pontefice. Ma la Chiesa è santa della santità di Dio, in quanto Dio Santissimo è il suo autore, Cristo ha dato Sé stesso per lei, per santificarla e renderla santificante, e lo Spirito Santo la vivifica con la carità. La santità è poi la vocazione di ogni suo membro e il fine di ogni sua attività. La Chiesa annovera al suo interno la Vergine Maria e innumerevoli Santi, quali modelli e intercessori. La santità della Chiesa è la sorgente della santificazione dei suoi figli Nonostante le umane cadute dei suoi membri, Cristo mantiene viva la Sua presenza nel suo popolo, e, perdonandolo, dimostra ancora più la propria santità.
L’unità e unicità della Chiesa genera un altro titolo che professiamo: cattolica (dal greco: καθολικός, katholikòs, universale). Cristo è capo del corpo che è la Chiesa e, in quanto Dio, presente ovunque: «Là dove è Cristo Gesù, ivi è la Chiesa cattolica» (sant’Ignazio di Antiochia). La Chiesa è inviata in missione a tutti i popoli in ogni tempo e a qualsiasi cultura questi appartengano. La Chiesa si trova ovunque gli uomini si radunino nel Nome di Cristo, secondo la Sua promessa: «Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). È quindi un errore voler indicare con il termine cattolico i “confini” della Chiesa di Roma, in contrapposizione ad altre denominazioni cristiane. Nel Credo il termine non pone l’accento sulle divisioni prodotte nella storia dai peccati degli uomini, bensì sulla volontà di Dio di un’unica famiglia su tutta la terra (cfr. Gv 17,20-26). «Le Chiese particolari sono pienamente cattoliche per la comunione con una di loro: la Chiesa di Roma, “che presiede alla carità”» (CCC, 834). «Ma dobbiamo ben guardarci dal concepire la Chiesa universale come la somma o, per così dire, la federazione di Chiese particolari» (Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 62).
La Chiesa è apostolica perché fondata sulla testimonianza di fede dei dodici Apostoli. Essa possiede e trasmette tutta e sola la fede degli Apostoli e ad essa è affidata l’autorità divina che stava nelle mani dei Dodici. Nella Chiesa siamo edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù (ef 2,20). (CCC, 823-831, 857, 867-869).
Professo un solo Battesimo per il perdono dei peccati.
Pur avendo avuto il dono gratuito del Battesimo da neonato e non avendo allora avuto nessuna libera e cosciente partecipazione, ora che ne possiamo apprezzare il valore vogliamo vivere il Battesimo in modo pieno e consapevole. Il Battesimo è l’atto esteriore che manifesta il cambiamento interiore del credente e il sacramento con il quale siamo costituiti membri del popolo di Dio. È Cristo stesso ad insegnarci il valore del Battesimo: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio» (Gv 3,5).
Nella professione di un solo Battesimo, il credente esprime la volontà di unirsi solo al Dio Trinità con il Battesimo dell’unica Sua Chiesa. L’esigenza di chiarire l’esistenza di un solo battesimo è per nulla superata: se è vero che nei primi secoli c’erano usanze di altri battesimi nel nome di false divinità, è vero oggi che esiste una molteplicità di falsi battesimi e ogni genere di iniziazioni che hanno la pretesa di plasmare la nostra vita: sataniche, religiose, politiche, sociali o culturali, spesso ammantate di buone parvenze. Anche ripetere il Battesimo non ha senso: sarebbe un atto di sfiducia verso Dio, mentre lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso (2Tm 2,13).
Essendo nati col peccato originale, anche i neonati hanno bisogno di essere liberati dal potere del Maligno e di essere trasferiti nel regno della libertà dei figli di Dio. Per il perdono dei peccati non servono più i sacrifici di animali o peggio di persone, come fra i pagani, né i riti magici degli atei moderni. Il perdono è possibile e Dio gode nel donarlo, quindi non cedo né alla rassegnazione né alla disperazione: non mi rassegno a restare nel peccato, né mi agito per il fatto che sono peccatore, ma sempre pentendomi ritorno al Signore, ricco di misericordia. Ogni cristiano vive di perdono.
Nell’Antica Alleanza si trovano varie prefigurazioni del Battesimo: l’acqua, fonte di vita e di morte; l’arca di Noè, che salva per mezzo dell’acqua; il passaggio del Mar Rosso, che libera Israele dalla schiavitù egiziana; la traversata del Giordano, che introduce Israele nella terra promessa, immagine della vita eterna. Nel Nuovo Testamento Gesù, all’inizio della Sua vita pubblica, si fa battezzare da Giovanni Battista nel Giordano; sulla Croce, dal Suo fianco trafitto, effonde sangue e acqua, segni del Battesimo e dell’Eucaristia; dopo la Sua Risurrezione affida agli Apostoli questa missione: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19). CCC, 1217-1224, 1250).
Simbolo degli Apostoli: la comunione dei santi, la remissione dei peccati, la risurrezione della carne, la vita eterna
Nel Symbolum Apostolicum troviamo altre espressioni, che meritano di essere analizzare almeno brevemente per la grande importanza che hanno:
Con l’espressione comunione dei santi si vuole indicare la comune partecipazione di tutti i membri della Chiesa alle cose sante (sancta): la fede, i Sacramenti, in particolare l’Eucaristia, i carismi e gli altri doni spirituali. Tale espressione designa anche la comunione tra le persone sante (sancti), e cioè tra quanti per la grazia sono uniti a Cristo morto e risorto. Alla radice della comunione c’è la carità, che spinge il fedele a mettere tutto in comune (At 4,32).
Il primo e principale Sacramento per il perdono dei peccati è il Battesimo. Per i peccati commessi dopo il Battesimo Cristo ha istituito il Sacramento della Riconciliazione (o Penitenza), per mezzo del quale il battezzato è riconciliato con Dio. La Chiesa ha la missione e il potere di perdonare i peccati, perché Cristo stesso glielo ha conferito: Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati” (Gv 20,22-23).
Il termine carne designa l’uomo nella sua condizione di debolezza e di mortalità, eppure la carne è il cardine della salvezza (Tertulliano): noi crediamo, infatti, in Dio creatore della carne; crediamo nel Verbo fatto carne per riscattare la carne; crediamo nella risurrezione della carne, compimento della creazione e della redenzione della carne. Con la morte, separazione dell’anima e del corpo, il corpo cade nella corruzione, mentre l’anima, che è immortale, va incontro al giudizio di Dio e attende di ricongiungersi al corpo quando, al ritorno del Signore, risorgerà trasformato. Ciò significa che lo stato definitivo dell’uomo non sarà soltanto l’anima spirituale separata dal corpo, ma che, come Cristo è veramente risorto dai morti e vive per sempre, così Egli risusciterà tutti nell’ultimo giorno, con un corpo incorruttibile, quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna (Gv 5,29).
La vita eterna è quella che inizia subito dopo la morte e non ha fine. È preceduta per ognuno da un giudizio particolare ad opera di Cristo, giudice dei vivi e dei morti, e sarà sancita dal Giudizio finale (CCC, nn. 946-962, 976, 980-987, 990, 998, 1002-1003, 1015, 1020, 1051).
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
L’ultima frase del Simbolo niceno-costantinopolitano elenca le speranze e le attese del cristiano per il futuro che viene dopo e oltre la morte. Ciò che attende il cristiano non è uno scomparire nell’oblio di una carne morta e neppure la perdita dell’Io personale di ogni cristiano in un indefinito svanire in Dio, bensì una risurrezione che aprirà alla vita più vera e al godimento dell’eterno tesoro. È questo che ci fa ritenere questa terra un luogo di pellegrinaggio e di attesa della patria. Questa attesa mi fa vivere con gioia, e mai con ignavia, il tempo presente: Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, 9mentre raggiungete la mèta della vostra fede (1Pt 1,8-9).
Questa attesa deve altresì condurre l’uomo a vivere con responsabilità i suoi giorni, perché tutti renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti (1 Pt 4,5). La vita eterna è dunque dono di Dio, dono di consolazione e di responsabilità, che fa crescere in me serietà e serenità, per lo sviluppo di una vita umana veramente completa, in antitesi con la vita di coloro che rifiutano questo dono, caratterizzata da un grande vuoto di valori e da una grande disperazione di fondo, percepita e vissuta più o meno consapevolmente, ma per questo non meno presente.
Dopo il giudizio finale, lo stesso universo, liberato dalla schiavitù della corruzione, parteciperà alla gloria di Cristo con l’inaugurazione di nuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustizia (2 Pt 3,13). Sarà così raggiunta la pienezza del Regno di Dio, ossia la realizzazione definitiva del disegno salvifico di Dio e Dio allora sarà «tutto in tutti» (1 Cor 15,28).
Amen.
La parola ebraica Amen, che conclude anche l’ultimo libro della Sacra Scrittura, alcune preghiere del Nuovo Testamento e quelle liturgiche della Chiesa, significa il nostro «sì» fiducioso e totale a quanto abbiamo professato di credere, fidandoci totalmente di Colui che è l’Amen, il Testimone degno di fede e veritiero, il Principio della creazione di Dio (Ap 3,14): Cristo Signore (CCC, nn. 1042-1050, 1060-1065).