Fino alla prima metà del XIX secolo la nostra chiesa risultava attorniata da grandi fosse, antico retaggio del complesso sistema di fortificazioni che durante il Medioevo proteggevano il primitivo complesso ecclesiastico. Alcune di queste fosse, come la cosiddetta fossa dal prett che occupava insieme ad un canneto il luogo dove adesso sono ubicati i giardini pubblici, giunsero intatte fino agli inizi del secolo scorso, quando furono colmate per estendere l’area della piazza. Alcune testimonianze orali riportano a questo riguardo che questa fossa in inverno spesso ghiacciava e i bambini la usavano per giocare e “pattinare” sul ghiaccio. In una pergamena del 20 aprile 1463 conservata presso il nostro archivio parrocchiale viene menzionata l’esistenza di una casa posta sulla Via Emilia, nelle vicinanze del portico della chiesa, della torre e della fossa.
Ancora agli inizi del XVIII secolo la chiesa era priva di un vero e proprio sagrato e per accedere al terrapieno su cui si apriva la porta principale della chiesa, per molto tempo l’unica porta esistente, era necessario superare per mezzo di un antico ponte il canale che era ubicato proprio di fronte all’edificio. A questo riguardo non mancano le testimonianze: nel 1749, per esempio, veniva emesso un editto che conteneva una severa condanna nei confronti di coloro che «in tempo della Dottrina Cristiana si fermano a ciarlare sulla Piazza, ed anche sul Ponte, che porta alla Chiesa».
Nel 1828, in seguito ai lavori di «sistemazione della traversa del paese» e di chiusura delle «fosse che si giacevano a settentrione del sagrato» intrapresi da parte del governo ducale della duchesse Maria Luigia, le fosse che da secoli circondavano la chiesa vennero colmate e si decise di demolire il ponte, rendendo piuttosto difficoltosa la salita al terrapieno su cui sorgeva la chiesa. L’allora arciprete don Giacomo Rossi e il Consiglio di Fabbriceria decisero pertanto di realizzare un nuovo sagrato e una gradinata di sei gradini. Inizialmente si pensò di realizzare il manufatto in mattoni, anche per risparmiare sulle pese, ma in seguito alla pressione dell’arciprete del tempo, don Giacomo Rossi, e della Fabbriceria prevalse l’idea di utilizzare materiale più resistente e meno oggetto all’usura del tempo, utilizzando a questo scopo «pietra nostrana della cava di Carmiano», che oggi fa parte del comune di Ponte dell’Olio. I lavori procedettero senza difficoltà e vennero portati a termine quello stesso anno con una spesa pari a 3.500 lire del tempo.
Soltanto pochi decenni dopo, nel 1885, il sagrato e la gradinata vennero rifatti in modo definitivo per volontà dell’arciprete Gioacchino Cella, ancora una volta in pietra, utilizzando questa volta anche resti di antichi edifici, alcuni dei quali anche di epoca romana, come ancora oggi ci ricorda l’iscrizione presente sul lato di sinistra voluta dal Cella stesso al termine dei lavori (A.R. 1885 G.C.). Di fronte al sagrato della chiesa nel 1886/1887 verranno costruite le vecchie scuole elementari del capoluogo, inizialmente racchiuse da un muro di cinta poi abbattuto nel 1911, a loro volta demolite nel 1962 in occasione dei lavori di rifacimento dell’intera piazza che assunse l’aspetto che ancora oggi conosciamo.
Un‘ipotesi suggestiva. – In riferimento all’epigrafe presente sulla scalinata della chiesa, è interessante notare che le lettere “A.R.” che compongono la sigla “A.R. 1885 G.C.”, in cui si possono sicuramente riconoscere l’anno di realizzazione dell’opera (1885) e le iniziali di don Gioacchino Cella (“G.C.”), l’arciprete allora in carica, potrebbero suggerire la suggestiva ipotesi che essa sia stata realizzata anche grazie al contributo finanziario di Armando Raggio senior (1855-1918), il famoso industriale di origini genovesi installatosi nel nostro paese proprio agli inizi degli anni Ottanta dell’Ottocento. Anche se non siamo in possesso di documenti che possano confermare quest’ipotesi, dal libro Pontenure e le sue famiglie illustri. “I Raggio” personaggi e strutture sui territori genovese e pontenurese, a cura di Franco Zerilli, si apprende che i lampioni in ghisa che adornavano il parco recavano per l’appunto le medesime iniziali “A.R.”, da identificarsi sicuramente con quelle del proprietario, il commendatore Raggio. Il rifacimento della gradinata potrebbe essere perciò stato il primo dei numerosi ‘contributi’ e lasciti concreti della famiglia Raggio al nostro paese e alla Parrocchia (sono infatti da ricordare, solo riguardo alla chiesa, l’installazione del primo impianto di illuminazione elettrica (1908), il rifacimento della pavimentazione in stile veneziano (1925), il dono della statua della Madonna della Guardia (1928) e delle tre sedie che ancora oggi impreziosiscono la sede del celebrante).