1700 anni fa il primo Concilio della storia, quello di Nicea. Cosa dice alla Chiesa di oggi?
di Redazione Sito ·
di Luciano Casolini – 21 Maggio 2025
Nella giornata di ieri, martedì 20 maggio, si è celebrato un importante anniversario: il millesettecentesimo anniversario dell’ inizio del concilio di Nicea, il primo ecumenico cristiano.
Siamo ad appena 12 anni dalla promulgazione dell’ Editto di Milano, con il quale, Costantino, imperatore di Occidente, e Licinio, imperatore di Oriente, concordano e stabiliscono la libertà di culto ai credenti nella fede di Gesù Cristo nonché la restituzione dei beni confiscati alla Chiesa.
Motivo principe sul quale furono impegnati i circa trecento padri presenti all’assise conciliare, un sesto di quelli che ne avrebbero avuto diritto a partecipare, fu la delicata questione della natura di Cristo in relazione al Padre, che era stata confutata dal presbitero Ario, il quale predicava la creazione e non la generazione del Figlio ad opera del Padre.
Al concilio non partecipò il papa San Silvestro I, che fu rappresentato da due legati, ma fu convocato e presieduto dallo stesso imperatore Costantino. Ciò non deve stupirci più di tanto, poiché è opportuno calarsi nel contesto storico del quarto secolo, nel quale la divisione dell’Impero Romano, tra Occidente e Oriente, stava fornendo terreno fertile alle spinte centrifughe delle varie province.
Costantino, non potendo tollerare tale situazione che avrebbe reso l’Impero piú permeabile alle incipienti invasioni barbariche, intese confermare che la nuova religione cristiana non fosse erosa al suo interno da scismi e conservasse una fede unica e integra.
Contemporaneamente, c’è da dire che Costantino, spinto anche dal suo teologo Eusebio di Cesarea, non vide di buon occhio l’abbandono del rigido monoteismo sostenuto da Ario, non fosse altro perché ciò gli forniva un modello e una giustificazione più forte a giustificare il potere assoluto dell’imperatore.
In questo contesto, nel quale sembrò che le divisioni politiche e teologiche, prendessero il sopravvento, all’unanimità, con l’ eccezione di due padri conciliari, fu elaborato dal concilio il Simbolo o Credo niceno, che, a tutt’ oggi, è la professione di fede nella quale si riconoscono tutte le Chiese, Cattolica, Ortodossa, Luterana, Calvinista, Anglicana, Evangeliche e Pentecostali.
Una sorta di ecumenismo ante litteram, incardinato nel concetto che è definito dal termine greco “Homoousion”, ossia che il Padre e il Figlio sono identici nella loro natura e sostanza, che Cristo è, si, il Verbo incarnato, ma è anzitutto il Figlio di Dio e come tale il Figlio non fu creato ma generato, per cui non ci fu un prima e un dopo tra Padre e Figlio. Da ciò ne deriva che Gesù Cristo, Figlio di Dio, non è una divinità minore, né una creatura superiore elevata a un livello di Dio, ma è vero Dio e vero Uomo.
In tal modo fu dichiarata come eretica la tesi ariana secondo la quale Cristo non può essere “Figlio di Dio” in senso proprio, ma solo un essere intermedio che Dio usa nel relazionarsi con l’essere umano. Inoltre fu anche stabilito che la data della celebrazione della Pasqua secondo il modello che ancora oggi è vigente, la nascita verginale di Gesù, nonché numerosi canoni per regolare la vita della Chiesa.
Che cosa dice all’ uomo di oggi il Concilio di Nicea? Come attualizzare il suo messaggio a distanza di diciassette secoli ?
Si può definire senza ombra di dubbio che Nicea fu il Concilio dell’unità, avendo come cardine Dio trino e unico con Cristo figura centrale, Figlio di Dio, e che Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. Tale Unità divina è l’unica che può fare da modello non solo per la Chiesa, ma per ogni umana comunità.
Una unità nella diversità come è, appunto, l’unità della Trinità che, nel corso dei secoli, si è persa nella Chiesa che ha subito divisioni e lacerazioni.
Ma altresi ci è posta la domanda, quale posto occupa Gesù Cristo nella nostra cultura moderna ?
Lasciamo da parte il mondo secolare per il quale Gesù Cristo continua a essere una “Superstar” che viene chiamato in causa quando i dibattiti vertono nell’ambito della pace, della povertà, dell’ambiente, mentre è trascurato se il campo riguarda l’etica, la morale, la ragione e la scienza.
Ma poi per noi credenti il Figlio di Dio, vero Dio e vero Uomo quali interrogativi ci pone? Cosa suscita in ciascuno di noi un Dio che si incarna, assume la nostra condizione, condivide le nostre fragilità, sperimenta in prima persona come Creatore la condizione della creatura, patisce, muore in Croce e risorge, e tutto questo solo per un amore gratuito?
Ognuno può attingere dalla propria fede, può anche operare uno sforzo razionale, ma deve rimanere in contemplazione davanti al grande Mistero dell’ Amore di Dio.
