Come il Buon Pastore, il coraggio di don Felice Palamara
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
di Luciano Casolini – 06 Marzo 2024
Quello che è accaduto, soltanto pochi giorni fa, alla fine di febbraio, in una parrocchia nei pressi di Vibo Valentia, diocesi di Mileto – Nicotera – Tropea, ha dell’ incredibile.
Durante la celebrazione eucaristica, al momento dell’offertorio, il celebrante don Felice Palamara, parroco di San Nicola di Pannaconi (Vibo Valentia), si è accorto che le ampolline, anziché contenere il vino e l’acqua, erano state riempite con ipoclorito di sodio, comunemente denominato candeggina…
Fatto, oltreché sacrilego, pericoloso per la vita del sacerdote, il quale, ingerendo la sostanza altamente tossica avrebbe messo a repentaglio la propria vita.
Già altre volte il sacerdote era stato oggetto di episodi intimidatori per il suo impegno di annuncio evangelico contro le cosche malavitose in difesa della dignità umana, del rispetto della vita, dalle prevaricazioni e dal clima di sfruttamento che la cultura delle ‘ndrine vuole imporre su tutto e su tutti.
Disvalori che, ovviamente, fanno a pugni con il messaggio della buona novella che la Chiesa annuncia nella sequela di Gesú Cristo e con la legalità, in una terra nella quale la istituzione comunale è stata sciolta e commissariata per gravissime ingerenze mafiose.
Tali organizzazioni non si fanno scrupolo di commettere le loro intimidazioni neanche verso i ministri di Dio anche durante le celebrazioni sacre.
Più di recente, nella cassetta postale della Curia vescovile di Mileto è stata ritrovata una busta contenente un bossolo di proiettile, un chiaro tentativo di intimidire il vescovo Attilio Nostro. “Gli attacchi che come comunità ecclesiale stiamo subendo in questi giorni sono una offesa contro Dio e la società civile. In silenzio e con grande dolore stiamo pregando affinché immediatamente si ponga fine a queste azioni criminali che stanno creando tanta disperazione nella nostra Diocesi”, ha dichiarato il vescovo rivolgendosi ai fedeli e raccontando di aver “raccolto con le proprie mani il bossolo che mi è stato inviato per intimorirmi. Certamente non saranno questi fatti di inaudita criminalità a farci piegare la testa. Al contrario reagiremo con forza pregando per questi fratelli che stanno portando lacrime e disperazione“.
Don Felice, i suoi confratelli, il loro pastore, il vescovo Nostro, con fede e coraggio proseguono la loro opera evangelizzatrice per la pace e la giustizia, per guidare il gregge loro affidato come il buon Pastore che, per difendere le pecore in mezzo ai lupi, mette a repentaglio anche la propria vita.