Habemus papam: Leone XIV, come una carezza del Risorto
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
di Luca T. – 09 Maggio 2025
La fumata bianca, da tutti così attesa, è infine arrivata. Un segno pacifico ma portentoso, antico e senza tempo, quasi disarmante per la sua semplicità. Ci ricorda che il Signore non abbandona mai la sua Chiesa pellegrina nel tempo e nella storia, e con essa il suo popolo, che cammina con Lui e in Lui verso la Patria beata, la Gerusalemme celeste. Questo ha rappresentato il fumo che ieri sera, dal comignolo più famoso del pianeta, ha disvelato, ad un mondo mai così interessato all’evento, l’identità del nuovo pontefice della Chiesa universale. Ha scelto un nome antico, quello di Leone XIV, il cardinale Robert Francis Prevost, che pochi indicavano come favorito e che nessuno immaginava potesse essere scelto dai cardinali riuniti nella Sistina. Eppure, questa scelta ci ricorda come il nostro sia il Dio delle sorprese.
Papa Leone XIV ha salutato la città di Roma e tutto il popolo cristiano con parole semplici e potenti a un tempo. Non è stato un saluto profano il suo, ma un saluto cristiano, anzi, no… cattolico, intimamente cattolico. “Pace a tutti voi!” È il saluto per eccellenza del Signore Risorto, il primo saluto che il Maestro rivolse ai suoi discepoli impauriti nel Cenacolo il primo giorno dopo il sabato, la sera di Pasqua. E da allora questo saluto, carico di gioia ed esultanza, Egli lo rivolge ai suoi discepoli di ogni tempo, agli uomini di tutte le generazioni, le razze e le lingue, che in Cristo risorto sono fatti un solo corpo, come ci ricorda il motto scelto dal nuovo pontefice: “In Illo uno unum”.
Non è un semplice saluto o un augurio banale, non è un’utopia disincarnata o una vana speranza quella frase di Gesù. È l’annuncio vivo e vero ed eterno di una verità invincibile: Cristo è risorto, e la sua Pace, che non è quella che vuole il mondo, è già presente in esso, è già operante nella storia, è già offerta all’umanità, è già incarnata nel cuore dell’uomo, rinato a vita nuova grazie all’opera salvifica da Lui compiuta attraverso il sacrificio della Croce.
Una pace che è certamente più che mai necessaria al mondo, mai così dilaniato dalle guerre, ma anche alla Chiesa, spesso lacerata da lotte, discordie e contrasti. Una pace che manca nella società, segnata da contraddizioni e contrasti sempre più vivi, e all’umanità, specie a quella sazia del troppo benessere, che ha perduta ormai la bussola del vero e del bene, dimenticando il Nome di Dio, in cui tutto, ogni cosa, trova la sua vera origine e il suo perfetto compimento.
Il nuovo Papa ci ha ricordato con immediatezza che questa pace, disarmata e disarmante, che nulla impone ma tutto vince, è promessa vera per tutti gli uomini, che nessuno è escluso dall’amore di Dio e che il Male (non un male qualunque ma quello con la maiuscola) non prevarrà, perché non può prevalere. Poche parole che bastano però a riportarci alle verità eterne e intramontabili del Vangelo, che non mutano secondo l’interpretazione degli uomini, le mode della filosofia o il pensiero dei tempi, e sono un richiamo pressante alla vera urgenza che ha la Chiesa, quella di ritornare con forza e senza timore alla missione che le è stata affidata dal suo Signore: l’annuncio del Vangelo per la salvezza delle anime.
Si è presentato come “figlio di Sant’Agostino”, papa Leone, e non solo perché proviene dall’ordine agostiniano. Il santo vescovo dell’antica Ippona non è stato soltanto un padre della Chiesa, un confessore della fede e un gigante del pensiero filosofico: è stato soprattutto un pastore amorevole, secondo il cuore di Dio, consumato fino alla morte dal fuoco dell’amore per la verità e per il suo popolo. Ed è per questo che è con le parole di Agostino che il nuovo pontefice si è presentato al mondo: “con voi sono cristiano, per voi sono vescovo”, a delineare un pontificato che si vuole profondamente vicino al popolo, saldamente radicato in Cristo e vivamente innestato nella fede millenaria della Chiesa.
Anche se di origini statunitensi, il nuovo Papa porta con sé un respiro davvero internazionale per il suo vissuto: è stato missionario in Perù, vivendo la missione, quella vera, ha guidato l’Ordine di Sant’Agostino e ha recentemente ricoperto l’incarico di prefetto del Dicastero per i Vescovi, conoscendo il servizio alla Chiesa nella Curia romana. La sua esperienza lo rende un pastore provvido, che ben conosce la Chiesa nelle sue molteplici forme e carismi. Nel suo primo discorso si è proposto di essere costruttore di ponti, uomo del dialogo e costruttore di speranza. Ci ha già incoraggiati – come discepoli di Cristo – a camminare insieme, uniti e senza paura, mano nella mano, mettendo al centro Gesù Cristo, come unico Signore e unico Pastore.
Ha affidato a Maria Santissima il suo ministero come vescovo di Roma e pontefice, proprio nel giorno della supplica alla Madonna di Pompei. È un segno che rivela una fede umile e sincera, capace di inginocchiarsi e farsi prossima, vissuta come quella di Maria nella quotidianità nascosta del servizio, nel nascondimento discreto che è proprio dell’Amore che tutto vince. Una devozione popolare che ci disvela che soltanto una Chiesa consapevole di ciò che essa è può parlare con la mitezza della verità al cuore dell’uomo moderno.
Questa elezione, opera dell’eterna sapienza divina e del soffio potente dello Spirito Santo, ci ricorda una delle certezze della nostra fede: davvero la Chiesa, fondata su Pietro, è nelle mani di Dio. In esse riposa, cresce, vive e fruttifica. È Lui che la guida, la nutre, la sorregge, l’accompagna nel cammino verso il Regno dei Beati. L’elezione di Leone XIV ci ricorda tutto ciò con forza e dolcezza insieme, come la carezza amorevole del Risorto ai suoi discepoli, quando già il giorno declinava, la sera di Pasqua.
