San Giovanni Bosco e la bellezza del donare
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
San Giovanni Bosco e la bellezza del donare

Maria Bogani, Il sogno dei nove anni, Colle don Bosco.
È sempre bello ricevere un dono e ringraziare chi ce lo ha fatto, qualunque cosa esso sia, è la dimostrazione dell’affetto di una persona. Forse però è ancora più bello donare, un modo per esprimere ciò che a volte è difficile dire a parole: ti voglio bene. Ci sono tanti modi di donare: a volte basta un semplice sorriso, una parola gentile, un po’ di attenzione o del nostro tempo, una lode sincera. C’è anche chi addirittura dona sé stesso per la buona Causa; i santi, ad esempio, hanno ricambiato i talenti ricevuti con generosità spesso eroica, per Dio e per il prossimo.
Uno di questi, di cui si celebra la festa il 31 gennaio, è San Giovanni Bosco, che papa Giovanni Paolo II definì "Padre e Maestro" della gioventù. La sua pedagogia posata sul "sistema preventivo" ha salvato tanti giovani, orfani o tribolati, riuscendo ad accompagnarli, a formarli, vivendo con loro, educandoli alla vita, con sollecitudine e amorevolezza.
Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici. Mettiti dunque immediatamente a fare loro un’istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù.
Così gli aveva detto la Madonna quando a soli nove anni gli era apparsa in sogno. E così, Don Bosco, ha agito costantemente con i giovani, negli Oratori da lui formati, nella sincera convinzione che "educare è una questione di cuore". A proposito di "dono" riportiamo uno dei tanti episodi che riguardano questo Santo.
La sua famiglia era piuttosto povera, i compagni vedevano che Giovanni pativa spesso la fame. Un suo amico, Giuseppe Blanchard, provava pena per lui e poiché sua madre vendeva frutta e verdura sul mercato, andava spesso al banco e di nascosto si riempiva le tasche di mele e di castagne. La madre di Giuseppe non era una donna ingenua, vedeva e faceva finta di non vedere. Finché un giorno Leandro, l’altro figlio, seccato, sbottò: "Non ti accorgi che la frutta ti sparisce sotto il naso? E i nostri guadagni calano ogni giorno?". Ma lei tranquilla gli rispose: "Vedo benissimo le manovre di Giuseppe, ma lo fa per dar da mangiare a Giovanni. E sono contenta che lo faccia. Giovanni è un bravo ragazzo e la fame alla sua età è una faccenda che può rendere cattivi". Il piccolo Giovanni accettava quella frutta come una benedizione piovuta dal cielo, la divorava e a Giuseppe diceva con animo grato: "Grazie, tu dai da mangiare a un affamato e Dio ti ricompenserà". Don Bosco non dimenticherà mai questo gesto di carità e di amicizia.
Anche nel caso di Don Bosco sarà infatti la carità a porsi al centro della sua esistenza, a rappresentare l’insistenza principale di tutta la sua vita e a venire da lui raccomandata in innumerevoli forme: come fondamento della vita comune, principio pedagogico ed educativo, fonte della pietà e del perdono reciproco, condizione essenziale della felicità personale, pratica di virtù specifiche, quali l’amicizia, la buona educazione, la rinuncia al proprio interesse personale, l’attenzione all’autentico bene del prossimo. Don Bosco amava esprimere questa carità con una frase: «Da mihi animas, cetera tolle» (Dammi le persone; i beni prendili per te, Genesi 14, 21), un motto che può essere compreso pienamente solo guardando alla sua vita, interamente spesa al servizio del Vangelo e del prossimo.
La grande famiglia di Don Bosco, quella dei Salesiani, costruita nel tempo e dilatata nello spazio, ha raggiunto uno sviluppo incredibile in Italia e all’estero, dove i suoi successori si occupano principalmente dei giovani e della loro educazione e crescita nella fede, fedeli custodi ed ideali continuatori di quella profetica intuizione nata sotto una povera tettoia di un rione torinese come tanti.