Tommaso nacque a Londra attorno al 1120, figlio di un agiato mercante di origine normanna. La condizione sociale della famiglia gli permise di ricevere un'ottima educazione, completata in Francia alla scuola di Roberto di Melun, discepolo di Abelardo, e perfezionata successivamente con lo studio del diritto a Bologna. Entrato nell'entourage dell'arcivescovo di Canterbury, Teobaldo, un presule che esercitò una rilevante influenza sulle vicende politiche e religiose del tempo, nel 1154 fu nominato arcidiacono della cattedrale. Ebbe ruoli importanti in tutte le iniziative dell'arcivescovo, in particolare nelle trattative che consentirono a Enrico II Plantageneto di salire sul trono inglese. Nel 1155, grazie all'appoggio di Teobaldo, Enrico II lo chiamò a ricoprire la cancelliere del regno.
Per sei anni Tommaso collaborò attivamente con il sovrano, con il quale entrò anche in rapporti di cordiale amicizia. Pose la sua preparazione culturale e le sue doti diplomatiche e amministrative al servizio del Plantageneto, assecondandone la politica di rafforzamento del potere monarchico e di restaurazione dei diritti regi, fortemente compromessi dai torbidi politici degli anni precedenti, quando il paese era stato in balia dell'anarchia feudale. Prese anche parte ai negoziati per il riconoscimento dell'elezione di papa Alessandro III contro lo scisma di Vittore, sostenuto da Federico Barbarossa.
Alla morte di Teobaldo (1161), Enrico II lo fece eleggere, in modo canonicamente corretto, arcivescovo di Canterbury, e quindi primate della Chiesa inglese. Tra lo stupore di molti, e venendo meno anche alle aspettative del sovrano, Tommaso rinunciò alla carica di cancelliere, desideroso di essere soltanto vescovo, pastore d'anime e teologo. Enrico II, richiamandosi al diritto consuetudinario, intendeva restaurare nella Chiesa inglese il dominio della corona e limitare la giurisdizione ecclesiastica. L'arcivescovo, invece, non esitava a sostenere i diritti e le libertà fino allora conseguiti dalla Chiesa, assumendo un progressivo atteggiamento di intransigenza nei confronti della corona. Alla crisi aperta si giunse nel 1164, quando il re sottopose all'approvazione dei vescovi un documento, le Costituzioni di Clarendon, che intendevano rinnovare le consuetudini giuridiche inglesi in vigore dai tempi di Enrico I (1100-1135) e definivano i diritti della corona in materia ecclesiastica. Le Costituzioni accentuavano la dipendenza feudale dell'episcopato, stabilendo che gli ecclesiastici fossero sottoposti al giudizio di tribunali laici, che le elezioni dei vescovi fossero controllate dal re e gli eletti prestassero il giuramento di fedeltà al sovrano prima della loro consacrazione. Tutto ciò non era nuovo, ma per la prima volta veniva espresso in formule giuridiche ed elevato a valore di legge, con l'adesione scritta dell'episcopato.
Dopo lunghe trattative l'arcivescovo consentì all'episcopato di dare il proprio consenso, ed egli stesso diede oralmente la sua adesione. Quando però il re volle che i vescovi sottoscrivessero il testo, Tommaso fu il solo a opporre un rifiuto, giudicando quelle norme lesive delle libertà ecclesiastiche. Temeva, infatti, che esse portassero a una completa feudalizzazione della Chiesa inglese e alla sua esclusione dall'ambito giurisdizionale della Chiesa universale. Il contrasto si intrecciava con la lotta tra papa Alessandro 111 e Federico Barbarossa.
Miniatura del XIII secolo con l'assassinio di Tommaso Becket nella cattedrale di Canterbury.
Di fronte alla violenta reazione del re, deluso che il suo cancelliere, divenuto vescovo, si opponesse alla sua politica, Tommaso si rifugiò in Francia, dapprima nell'abbazia di Pontigny, poi fra i benedettini del monastero di Sainte-Colombe di Sens. Mentre in Inghilterra i vescovi erano divisi, Tommaso mantenne inflessibilmente le proprie posizioni, e la disputa proseguì durissima per anni, nonostante i tentativi di mediazione del papa, il quale però temeva che una rottura con Enrico II avrebbe spinto l'Inghilterra a fianco del Barbarossa e dell'antipapa.
Nel 1170 il re, in aperta violazione delle tradizionali prerogative dell'arcivescovo di Canterbury, fece incoronare il proprio figlio maggiore dal vescovo di York. Nel luglio dello stesso anno, tuttavia, temendo che il presule lanciasse l'interdetto sull'Inghilterra, accettò di incontrare Tommaso per trattare un atto formale di riconciliazione, in seguito al quale l'arcivescovo poté tornare in Inghilterra. A Canterbury il popolo ricevette trionfalmente il suo arcivescovo, ma al presule fu ordinato di restare entro i confini della sua diocesi, mentre il suo rifiuto di sollevare dalla scomunica il vescovo di York inaspriva la tensione. Si dice che Enrico II si sia lasciato sfuggire la frase: "Ma non c'è nessuno che mi liberi da questo fastidioso prete?'
Il 29 dicembre 1170, all'ora dei vespri, quattro cavalieri del re fecero irruzione nella chiesa e colpirono a morte l'arcivescovo, che spirò raccomandando la sua anima e la causa della Chiesa a Dio, alla Vergine e a san Dionigi. La notizia dell'assassinio nella cattedrale ebbe vastissima risonanza: Tommaso fu subito incoronato con l'aureola del martirio per la libertà della Chiesa, e il suo sepolcro Canterbury divenne presto meta di numerosissimi pellegrinaggi, tanto da costringere Enrico II a un pubblico atto di contrizione. Tre anni dopo, il 21 febbraio 1173, l'arcivescovo di Canterbury veniva canonizzato da Alessandro III. La fama di Tommaso si diffuse anche grazie alle numerose Vite che vennero redatte, una decina nel trentennio successivo al suo assassinio. Ancora due secoli dopo, l'evento sarà ricordato da Chaucer ne I Racconti di Canterbury e, nel XX secolo, ispirerà l'opera di Thomas Eliot Assassinio nella cattedrale.