Alla scoperta della Candelora con Benedetto XVI
di Redazione Sito ·
Alla scoperta della Candelora con Benedetto XVI
La scena che ci viene offerta nella Presentazione di Gesù al Tempio, narrata unico tra gli evangelisti dal solo Luca, rappresenta un gesto storico che trascende la storia e illumina il cuore degli uomini: in essa le generazioni s'incontrano e tutto esprime con pienezza la grandezza del messaggio portato dal Figlio di Dio in mezzo agli uomini. In questo frammento di Vangelo, insomma, scorgiamo la comune vetta verso cui è chiamato ogni battezzato, quella della santità, e comprendiamo il vero senso della santità cristiana: saper ricondurre e offrire a Dio tutto il mondo, perchè solo in Dio ogni cosa e ogni uomo trova la vera pienezza del suo essere.
Ecco come presentava questa festa l'allora cardinale Joseph Ratzinger, a quei tempi ancora arcivescovo di Monaco e Frisinga, nel suo libro Cercate le cose di lassù, una selezione di testi che accompagnano i fedeli lungo l'intero anno liturgico, illustrando l'origine delle varie feste che celebriamo (Avvento, Natale, Candelora, Pasqua), spiegandone le motivazioni o le trasformazioni avvenute nel corso dei secoli.
Nella quotidianità cittadina non ci si accorge quasi più che il 2 febbraio si celebra un’antichissima festa, comune alle Chiese dell’Oriente e dell’Occidente, che una volta aveva da noi una grande importanza nell’anno contadino: la Candelora. È una festa in cui sono confluite diverse correnti storiche, cosicché risplende di vari colori.
L’occasione immediata è il ricordo del fatto che Maria e Giuseppe, il quarantesimo giorno dopo la sua nascita, portarono Gesù al tempio di Gerusalemme per presentare il sacrificio di purificazione prescritto.
Della scena descritta da Luca, la liturgia ha sottolineato soprattutto un aspetto: l’incontro tra Gesù Bambino e il vecchio Simeone; perciò nel mondo greco la festa ha ricevuto il nome di hypapanti, incontro. In questo stare insieme del bambino con l’anziano, la Chiesa vede raffigurato l’incontro tra il mondo pagano che va scomparendo e il nuovo inizio in Cristo, tra il tempo dell’Antica Alleanza che sta per finire e il tempo nuovo della Chiesa dei popoli.
Ciò che qui è espresso è più dell’eterno ciclo di morte e nascita: è più del fatto consolante che al declino di una generazione ne segue sempre un’altra, con nuove idee e speranze. Se così fosse, questo bambino non rappresenterebbe nessuna speranza per Simeone, ma solo per se stesso. Invece è di più: è speranza per tutti, perché è una speranza al di là della morte.
Così tocchiamo il secondo significato fondamentale che la liturgia attribuisce a questo giorno. Essa si riallaccia alle parole di Simeone, che chiama il bambino “luce per illuminare le genti”. Sulla base di queste parole si celebra il giorno liturgico come una festa delle luci. La luce calda delle candele vuol essere l’espressione evidente della luce più grande che si sprigiona in tutti i tempi dalla figura di Gesù.
A Roma la processione delle luci ha sostituito un corteo rumoroso e scatenato, il cosiddetto “amburbale”, che dalla paganità si era conservato a lungo nell’era cristiana. Il corteo pagano esprimeva elementi magici: doveva servire per purificare la città e difenderla dalle potenze cattive.
In ricordo di ciò, la processione cristiana si teneva dapprima in vesti nere e poi – fino alla riforma liturgica del Concilio – viola. Così nella processione compariva ancora una volta il simbolismo dell’incontro.
Il grido selvaggio del mondo pagano che chiede purificazione, liberazione, superamento delle potenze oscure si incontra con la “luce per illuminare le genti”, la luce tenue e umile di Gesù Cristo. Il tempo che “sta per finire”, ma che è sempre presente, di un mondo caotico, schiavizzato e schiavizzante, s’ incontra con la forza purificatrice del messaggio cristiano. Questo mi ricorda una frase del drammaturgo Eugene Ionesco, il quale, come esponente del teatro dell’assurdo, aveva levato con chiarezza il grido di un mondo assurdo e, al tempo stesso, aveva compreso sempre più che questo grido è un’invocazione a Dio. “La storia – aveva affermato, è rovina, è caos, se non è rivolta al soprannaturale”.
La processione delle luci, con le vesti scure, l’incontro simbolico che vi si verifica del caos e della luce, dovrebbe ricordarci questa verità e darci il coraggio, nello sforzo di migliorare il mondo, di non considerare il soprannaturale come una perdita di tempo,ma come l’unica via che può dare un senso al caos.
J. Ratzinger da Cercate le cose di lassù. Riflessioni per tutto l'anno, 1986-2008 – Libreria Editrice Vaticana