San Paolo VI: da incompreso a santo. Un ricordo del Pontefice del Concilio
di Redazione Sito · Pubblicato · Aggiornato
San Paolo VI: da incompreso a santo. Un ricordo del Pontefice del Concilio
Domenica 6 agosto, in cui la Chiesa ha celebrato la festa della Trasfigurazione del Signore, ricorrono 45 anni della scomparsa di papa San Paolo VI. Classe 1897, originario di Concesio, in provincia di Brescia, Giovanni Battista Montini iniziò ben presto a respirare in famiglia quell'aria salubre di un cattolicesimo di ispirazione popolare, con il quale il padre, direttore del quotidiano cattolico di Brescia e poi deputato per il Partito Popolare di don Luigi Sturzo, permeò l'educazione familiare.
Ben presto il giovane Montini scoprì la propria vocazione che lo porterà, nel 1920 all'ordinazione sacerdotale. Subito dopo si trasferì a Roma per completare gli studi in diritto canonico e lettere, finché, nel 1923, fu avviato alla carriera diplomatica, iniziando la collaborazione con la Segreteria di Stato. L'unica esperienza di diplomazia estera di Montini fu alla nunziatura apostolica di Varsavia, in Polonia, nel 1923. Al rientro ricoprì l’incarico di assistente ecclesiastico nazionale della FUCI, l’associazione degli universitari cattolici. Nel 1937 Montini fu nominato sostituto della Segreteria di Stato; iniziò a lavorare strettamente al fianco del cardinale segretario di Stato Eugenio Pacelli, futuro papa Pio XII. Rimase in Vaticano per quasi vent’anni, collaborando con il successore di Pacelli alla Segreteria di Stato, il cardinale Maglione, e con il Papa stesso anche durante i difficili anni del conflitto mondiale.
Nel 1954 fu nominato da Pio XII arcivescovo di Milano, succedendo al beato cardinale Ildefonso Schuster. Disse più volte di considerarsi un liberale, chiedendo con forza ai cattolici di non amare unicamente quanti abbracciavano la loro fede, ma anche gli scismatici, i protestanti, gli anglicani, gli indifferenti, i musulmani, i pagani. Dette impulso alla costruzione di nuove chiese nelle zone periferiche, allargò le prospettive di una nuova evangelizzazione verso tutti, lanciando la "Grande missione di Milano" per rinvigorire la fede dei cattolici.
Ma, dopo la creazione a cardinale e il decesso di Papa Giovanni XXIII, i cardinali lo chiamarono, il 21 giugno 1963, alla successione dell'apostolo Pietro. Scelse il nome di Paolo, come l’Apostolo delle Genti, lo stesso nome del papa che indisse il Concilio di Trento. Rinunciò alla tiara ed ebbe il compito di portare a termine il Concilio Vaticano II. Compresso tra le personalità del suo predecessore, Giovanni XXIII, e del suo successore, Giovanni Paolo II, apparve come uomo schivo, riflessivo, austero, inclito alla moderazione, al dialogo e all'equidistanza, poco gioviale e spontaneo. Difficili d'altronde erano i tempi in cui lo Spirito Santo lo aveva chiamato ad operare.
Paolo VI, infatti, si trovò a gestire una Chiesa post conciliare segnata da grandi turbolenze, come i contrasti sempre più evidenti tra progressisti e tradizionalisti, le vicende legate al Sessantotto con la rivoluzione della morale, dell'etica e dei costumi, la nascente teologia della liberazione, la sfida del terrorismo brigatista, i preti operai e quelli sposati, il calo delle vocazioni, l'attuazione della riforma liturgica, la diaspora di molti fedeli delusi dalle mancate riforme, la difficile realtà della post colonizzazione con nuovi popoli che reclamavano una nuova dignità, le spinte innovative delle nuove Chiese lontane da Roma e soprattutto la veemente ondata di secolarizzazione e scristianizzazione della società moderna.
In questo oceano tempestoso, il Pontefice ebbe la forza di tenere dritta la barra della barca della Chiesa, facendosi pellegrino di pace in Terra Santa, dove incontrò il patriarca di Costantinopoli Atenagora II, rimettendo la scomunica del 1054, alle Nazioni Unite, pronunciando in francese davanti all’assemblea plenaria l'accorato appello: "Mai più la guerra, mai più la guerra", istituendo ogni 1° gennaio la Giornata della Pace, celebrando la messa della notte di Natale presso le acciaierie di Taranto, o tra i minatori di Ponzano, viaggiando in Asia e Oceania a sottolineare l'universalità della Chiesa, ribadendo la tradizione e il magistero della Chiesa pur nell’attuazione delle riforme conciliari.
Ebbe il merito di instaurare un proficuo dialogo interreligioso, ribadì con l’enciclica Populorum Progressio la dottrina sociale della Chiesa nel solco della continuità con la Rerum Novarum di papa Leone XIII e della Quadragesimo Anno di Pio XII, ribadendo che non c'è pace senza giustizia, elaborando nuovi orizzonti al concetto della proprietà privata, anticipando profeticamente una economia sostenibile e soprattutto solidale. Formulò poi nella Humanae Vitae, oggi come allora avversata da molti vescovi e cardinali all’interno della Chiesa, il concetto della paternità responsabile pur ribadendo la condanna della Chiesa ai metodi contraccettivi non naturali.
L’ultimo anno di regno fu irrimediabilmente segnato dalla tragica vicenda del sequestro e assassinio di Aldo Moro, segretario della Democrazia Cristiana, amico personale del papa. Per la prima volta un Pontefice ebbe a celebrare le esequie di un privato cittadino, seppur di importante caratura, pronunciando un’omelia che è stata riconosciuta come delle più alte nell'omiletica della chiesa moderna. Giova poi ricordare l'accorato appello che Paolo VI alcune settimane prima dell’assassinio del politico democristiano, scrisse alle Brigate rosse, nel quale, per la prima volta, un papa abbandonò l'uso del plurale maiestatis: "Io scrivo a voi, uomini delle Brigate Rosse: restituite alla libertà, alla sua famiglia, alla vita civile l'onorevole Aldo Moro, uomo buono e giusto...".
Con questo grande dolore, tre mesi dopo, il papa tornò alla casa del Padre. Il 14 ottobre 2018 Papa Francesco lo ha elevato alla gloria degli altari. La memoria liturgica di San Paolo VI si celebra il 29 maggio, anniversario della sua ordinazione sacerdotale.
Luciano Casolini