Santi di casa nostra – Sante Liberata e Faustina
di Redazione Sito ·
di Livia – 19 Gennaio 2024
Sono i primi decenni del sesto secolo. Un certo Giovannato, nobile uomo d’armi della Val di Taro, capo di una milizia, incontra un religioso pellegrino, tale Marcello, che lo converte, diventa cristiano e abbandona il mestiere delle armi.
È un uomo potente e ricco, viene a costruirsi un fortilizio di particolare importanza a Rocca d’Olgisio, in Val Tidone, ancora oggi esistente, portandosi dietro il monaco cui deve la sua conversione. Di quel predicatore si sa poco, se non che diverrà il tutore delle due figlie di Giovannato e che a lui pare sia da attribuirsi il primo nucleo di quella rocca, la quale nel corso dei secoli si arricchirà di ben sei cinte murarie, torri e giardini, divenendo presidio di rilevanza strategica tra la Val Tidone e la Val Chiarone.
Proprio in quel fortilizio nacquero da Giovannato e da sua moglie Margherita, una donna del popolo, due figlie: Liberata e Faustina. Rimaste orfane di madre in tenera età, esse furono educate dal monaco Marcello che le formò alla religione cristiana, al tempo travagliata e ancora osteggiata dagli adoratori delle divinità pagane adorate in precedenza.
Praticanti di romitaggio e preghiera, dedite alla contemplazione, le ragazze, una volta diventate adulte, rifiutarono di andare in sposa a qualche nobile del tempo in un matrimonio combinato e poiché il padre non condivideva le loro scelte, dovettero fuggire da casa, aiutate da una fedele governante e da due giovani donne. Si ritirarono allora in un eremo di monache presso Como, dove nel corso del tempo costruirono un monastero, grazie anche ai numerosi beni via via donati loro dal padre Giovannato, divenuto col passare degli anni paternamente comprensivo. Il monastero, dedicato a San Giovanni Battista, ebbe vita lunghissima ed era destinato negli anni successivi ad ospitare le numerose giovani attratte dalla fede delle due sorelle piacentine. Ricevuto il velo monacale dal vescovo Agrippino, Liberata e Faustina adottarono la regola di San Benedetto, allora ai primi passi.
Di loro si ricorda in particolare un eccezionale prodigio: un nobile della città per soddisfare i suoi demoniaci istinti, aveva crocifisso la moglie. Quando la donna era ormai vicina alla morte, intervenne Santa Liberata che la salvò, risanando le sue gravi ferite.
La data della loro morte, avvenuta a distanza di due anni una dall’altra, è da collocarsi intorno all’anno 593, in quanto le cronache di Como parlano del ruolo importante che ebbe quel monastero durante la grave carestia del 591 che colpì il Comasco.
I loro corpi, inizialmente sepolti all’interno del monastero, furono traslati poi nel Duomo di Como, ancora oggi a loro dedicato. Una reliquia di Santa Liberata, precisamente una tibia, è stata donata a Piacenza, sua città d’origine, e ancora oggi è gelosamente conservata nella chiesa cittadina di Sant’Eufemia.
Solitamente Santa Liberata viene raffigurata con l’abito benedettino e il giglio in mano, simbolo di verginità. La tradizione la vuole (al pari Santa Margherita alla quale si era votata) protettrice delle puerpere, delle nutrici e degli infanti. Nel museo di Como esiste un ciclo di cinque affreschi di un anonimo giottesco che raffigura le cinque tappe più importanti della vita delle due sorelle Sante vergini. Nelle cinque scene sono rappresentate in progressione: la morte di un gentiluomo che convince le giovani principesse a farsi religiose; la fuga delle due sorelle dalla casa paterna e il viaggio sul fiume Po da Piacenza, insieme al sacerdote Marcello loro guida; il loro arrivo a Como; l’accoglienza nel convento da parte delle monache; la fondazione del monastero di Santa Margherita.
Un tempo, secondo il Martirologio romano il 16 gennaio veniva celebrata la memoria di Santa Faustina e il 19 gennaio quella della sorella, Santa Liberata. Oggi la memoria comune delle due Sante viene celebrata il 19 gennaio. Ancora una volta veniamo dunque a scoprire che la terra piacentina non fu avara di sante persone innamorate di Gesù Cristo e del suo Vangelo.